7. Il privilegio dei piccoli di spirito, e l'invito del Cuore di Gesù
Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù perciò si compiace dei piccoli di spirito, che in realtà sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell'amore celati ai così detti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all'orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma in realtà è stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. È questo un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina l'umana natura.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la sapienza infinita che lo conosce, il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, ed il Verbo, conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell'oceano dell'infinita luce ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua volontà è fonte di bene così è chiaro che la comunica non a capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e dell'amore di Dio.
8. Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio, che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto ed umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell'umiltà che sa rinunziare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore, che sono i segreti della sua intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che lo immola ed, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
I moderni esegeti sostengono che Gesù Cristo nel dirci: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura, che è mansueto ed umile nell'insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel cuore (vedi Sales, pag. 51). A noi questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il Cuore suo per mostrarci che cosa è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine ed umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù vuole, precisamente perciò, com'è chiaro dal contesto, che s'impari da Lui la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore.
La vita eterna sta nel conoscere il Padre ed il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si umilia fino alla croce, accetta con mansuetudine il giogo come vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso e poiché l'amore di Dio include quello del prossimo, debbono essere mansueti ed umili anche nelle relazioni coi propri fratelli.
Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù perciò si compiace dei piccoli di spirito, che in realtà sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell'amore celati ai così detti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all'orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma in realtà è stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. È questo un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina l'umana natura.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la sapienza infinita che lo conosce, il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, ed il Verbo, conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell'oceano dell'infinita luce ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua volontà è fonte di bene così è chiaro che la comunica non a capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e dell'amore di Dio.
8. Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio, che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto ed umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell'umiltà che sa rinunziare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore, che sono i segreti della sua intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che lo immola ed, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
I moderni esegeti sostengono che Gesù Cristo nel dirci: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura, che è mansueto ed umile nell'insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel cuore (vedi Sales, pag. 51). A noi questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il Cuore suo per mostrarci che cosa è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine ed umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù vuole, precisamente perciò, com'è chiaro dal contesto, che s'impari da Lui la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore.
La vita eterna sta nel conoscere il Padre ed il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si umilia fino alla croce, accetta con mansuetudine il giogo come vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso e poiché l'amore di Dio include quello del prossimo, debbono essere mansueti ed umili anche nelle relazioni coi propri fratelli.
Sac. Dolindo Ruotolo
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