venerdì 27 giugno 2014

27.06.2014 - Commento al vangelo di S. Matteo cap. 11 par. 7-8

7. Il privilegio dei piccoli di spirito, e l'invito del Cuore di Gesù
Perché le anime non corrispondono alle grazie del Signore? Perché presumono di se stesse, si gonfiano vanamente, indagano con superba tracotanza quello che dovrebbero adorare e praticamente rifiutano la luce delle divine misericordie. Il Vangelo non si può intendere dai così detti grandi del mondo, perché essi hanno la testa come intontita dalle loro meschinità, e sono avvolti dalla fitta cortina delle loro idee.
Gesù perciò si compiace dei piccoli di spirito, che in realtà sono grandi, e ringrazia il Padre di aver loro rivelato i misteri della verità e dell'amore celati ai così detti sapienti della terra. La sapienza e la prudenza umana è come nebbia che si leva all'orizzonte e impedisce il diffondersi dei raggi del sole; gli uomini la credono sapienza ma in realtà è stoltezza innanzi a Dio. Ne sa più un umile contadino, pieno dello spirito del Signore, che un dotto filosofo, il quale si perde nei vortici delle sue fantasie. È questo un punto importantissimo e fondamentale per andare a Dio, e Gesù mostra in se stesso la grandezza di questo principio: Egli si è umiliato e fatto piccolo per amore, e tutto gli è stato dato dal Padre; è povero innanzi al mondo, ma è ricchissimo innanzi a Dio, perché il tutto donatogli dal Padre è il suo Verbo che termina l'umana natura.
Il Verbo è la conoscenza del Padre ed è la sapienza infinita che lo conosce, il Verbo e il Padre sono perfettamente uguali, benché realmente distinti.
Il Padre conosce se stesso e genera il Verbo nella sua infinita semplicità, ed il Verbo, conoscenza del Padre, lo glorifica in una luce infinitamente semplice.
È dunque la semplicità che trionfa nell'oceano dell'infinita luce ed è attraverso la semplicità che questa luce si comunica. Il Padre la comunica ai piccoli, e il Figlio la comunica a chi vuole; siccome la sua volontà è fonte di bene così è chiaro che la comunica non a capriccio, ma diffondendo il bene con la sua volontà, salvando e redimendo. Il bene raggiunge la creatura nel sacrificio e il sacrificio avvicina la creatura al sommo bene, e per questo Gesù invita a sé tutti i sofferenti per ristorarli col dono della luce e dell'amore di Dio.
8. Imparate da me, che sono mansueto e umile di cuore
Per ricevere la luce di Dio bisogna appartenere al Redentore, e sottoporsi al suo giogo, cioè al suo dominio, che è soave e dolcissimo, e bisogna imparare da Lui come da Maestro. Non basta ascoltare i suoi precetti per intenderli, bisogna prima sottomettervisi ed accettarne la pratica perché i precetti di Gesù non sono teorie filosofiche ma sono via, verità e vita. Bisogna imparare da Lui che è mansueto ed umile di cuore, nella mansuetudine che si sottomette al giogo; e nell'umiltà che sa rinunziare ai propri pensieri; bisogna imparare dal Maestro divino la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore, che sono i segreti della sua intimità col Padre, poiché Egli si sottomette alla sua volontà che lo immola ed, umiliandosi fino alla croce, ne glorifica la grandezza e la maestà.
I moderni esegeti sostengono che Gesù Cristo nel dirci: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore, non abbia voluto proporsi come maestro di queste due virtù ma abbia voluto dire che Egli è un maestro che non fa paura, che è mansueto ed umile nell'insegnare, e lo è non a fior di labbra ma profondamente nel cuore (vedi Sales, pag. 51). A noi questa spiegazione sembra non solo monca nel contesto, ma contraria allo spirito stesso della Chiesa. Gesù, infatti, ci esorta a prendere il suo giogo e ci mostra il Cuore suo per mostrarci che cosa è questo giogo, tutto amore, tutto pace, e tutto bontà. Se il Re è amore, mansuetudine ed umiltà, è logico che anche i sudditi lo siano, poiché i sudditi debbono imparare da Lui. Gesù vuole, precisamente perciò, com'è chiaro dal contesto, che s'impari da Lui la mansuetudine e l'umiltà del suo Cuore.
La vita eterna sta nel conoscere il Padre ed il Figlio, come il Figlio Incarnato conosce il Padre e lo glorifica; Egli si sottomette alla sua volontà e si umilia fino alla croce, accetta con mansuetudine il giogo come vittima e si offre alla croce. I suoi seguaci debbono fare lo stesso e poiché l'amore di Dio include quello del prossimo, debbono essere mansueti ed umili anche nelle relazioni coi propri fratelli.
Sac. Dolindo Ruotolo

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