giovedì 12 giugno 2014

12.06.2014 - Commento al primo libro dei Re cap. 18, par. 5

5. Altri riflessi della figura profetica e dell’azione della grazia.
S. Agostino (Serm. 201 de Temp.) dice che Elia fu figura di Gesù Cristo: "Elia pregò ed offrì il sacrifizio, e Gesù Cristo offrì se stesso come sacrifizio immacolato per tutto il mondo. Elia pregò sul monte Carmelo e Gesù. Cristo sull’Oliveto ; Elia pregò perché fosse venuta la pioggia e Cristo pregò perché fosse discesa nei cuori umani la grazia. L'aver detto Elia al servo suo: — Va’ ed osserva sette volte il cielo — significava la grazia settiforme dello Spirito Santo che la Chiesa doveva ricevere. L'aver detto il servo che vedeva una piccola nube che saliva dal mare, figurava la carne del Cristo che doveva nascere dal mare del mondo, e perché nessuno avesse dubitato, è detto che quella nube aveva la forma di un’orma di uomo, di quell’uomo che disse : — Che cosa dicono gli uomini che sia il Figliuol dell'uomo ? — Come dunque, pregando Elia, dopo tre anni e tre mesi discese la pioggia dal cielo, così nella venuta del Salvatore, nei tre anni e nei sei mesi nei quali si degnò predicare, la pioggia della divina parola irrigò felicemente tutto il mondo. E come allora nella venuta di Elia furono uccisi tutti i sacerdoti degl'idoli, così nella venuta del vero Elia, cioè del Signor nostro Gesù Cristo, fu distrutta la sacrilega pratica dei pagani. Fin qui il Santo Dottore.
Dopo che i profeti degl’idoli ebbero mostrata tutta la vanità del loro sacrifizio e della loro preghiera, Elia si accostò al popolo e lo invitò a sé dicendo:—Venite a me—e subito restaurò l’altare di Dio prendendo dodici pietre, facendovi un solco per le acque, immolandovi sopra la vittima. Così fece il Redentore divino; venne nel mondo che già aveva sperimentato la vanità dei suoi sforzi per avere la vita, e invitò tutti a Sé con le stesse parole di Elia:—Venite a me.—Egli rielevò nel cuore dell’umanità l’altare vivente di Dio eleggendo i dodici Apostoli come dodici pietre fondamentali; immolò se stesso come vittima d' amore, e donò alla Chiesa 1' acqua della salute e della vita, nella quale rigenerò le creatore e le unì al suo corpo mistico.
Tre volte Elia fece versare l'acqua sull'altare riedificato da lui e tre volte si versa l'acqua sulla creatura che è battezzata. Quell’acqua salutare consacra in quel piccolo essere la riedificazione dell'altare vivente operata dal Redentore. Allora la vita umana coi suoi dolori e con le sue pene si muta in un olocausto che partecipa all'immolazione del Calvario e che attende la fiamma dello Spirito Santo, la fiamma dell’amore per consumarsi.
Le membra della vittima prima dell'immolazione appartenevano all'animale e servivano alla sua vita materiale; dopo l’immolazione appartenevano a Dio e servivano alla vita spirituale delle anime; la fiamma le consumava ed allora nell’incenerirsi esse appartenevano unicamente al Signore glorificandolo nel suo assoluto dominio sulle creature. Così avviene nel nostro corpo quando la tribolazione ci affligge: le membra sane appartengono alla vita del corpo, le membra inferme entrano a far parte dell'armonia della vita dell’anima; sono inferme relativamente al corpo, ma relativamente all'anima sono come trasformate in organi speciali di potenze spirituali. L’unione con la divina volontà è la fiamma che le consuma in onore di Dio e le eleva in un ordine soprannaturale. Così il corpo infermo, che a noi apparisce sconvolto e spesso anche spregevole, diventa come un corpo novello, pieno di attività spirituali, pieno di riflessi divini, diventa innanzi a Dio come olocausto d'amore. Quel capo stanco e defatigato che non serve più al corpo, che non sta come dominatore dell'organismo, ma piuttosto come collettore di tutte le sue penose sensazioni, è in realtà il capo di una vita più nobile, dove le funzioni non
sono più fisiologiche ma spirituali, dove le attività non sono più naturali ma soprannaturali. Quel braccio paralizzato che sembra un membro inutile al corpo, è un membro utile all'anima, è organo della sua attività. L’anima che lo informa e non può muoverlo più, fugge, per così dire, da quella breccia fatta nella materia che l'angustia e la serra, e si attiva soprannaturalmente. Quel corpo- lebbroso che cade a brandelli, consumato dall'infezione, è come l’impalcatura di un monumento che si sfascia, è come l'isolatore dello spirito che si spezza; l'anima affiora quasi in ogni piaga dove per la stessa sua infermità, ha necessariamente limitate funzioni da esplicare, e cerca un'atmosfera più spaziosa per i suoi voli. In ogni piaga si raccoglie il Redentore con la sua vita mirabile d'immolazione, in ogni dolore si sente la sua voce glorificante Dio; e come in certe materie putrefatte si depongono i germi di tanti animaletti che là si sviluppano e là mettono le ali, così nell’inferma umanità si depongono i germi di grazie novelle, e da quella miseria come farfalle dorate, spiccano il volo tanti atti spirituali di bontà e di amore. Queste sono le creature immolate nel fondo- di un letto, queste sono le creature che il mondo non degna di uno sguardo solo : meravigliosi vivai delle perle del Cielo, conchiglie ferite che formano la gemma, corpi sfaldati che si liquefanno- e assumono una forma più bella nel crogiuolo del dolore.
Quando Gesù Cristo dava alla sua Chiesa come vessillo e come eredità la Croce, componeva a somiglianza di Elia, sull’altare del monte Calvario, le membra del suo Corpo mistico. Egli le compone in tutti i secoli, unendole alla sua immolazione. L’acqua del Battesimo le consacra a Lui e le unisce alla sua vita; la fiamma dello Spirito Santo le brucia nell'amore; la morte le incenerisce, e riduce in polvere tutto quello che è terreno; la resurrezione le rieleva come nube d'incenso nelle altezze dei cieli. Come il sacrifizio d'Elia dimostrava che Dio era Dio, che il Profeta Elia era suo servo, che quello che aveva fatto era stato ordinato dal Signore, e che il popolo era stato convertito dalla divina misericordia, così il grande sacrifizio del Corpo mistico di Gesù Cristo dimostra e glorifica Dio ed il suo Cristo, dimostra e glorifica l’azione soprannaturale della grazia, che è la manifestazione e la diffusione più potente della divina bontà.
Quando Elia parlò al popolo, questo già aveva subito un certa mutamento ed il Profeta ci tenne a fargli riflettere che Dio lo aveva convertito (vers. 37). Con infinita delicatezza il Signore mandò dunque una pioggia di grazie su quel popolo già predisposto dal dolore, e
la mandò affinché i germi della conversione si fossero sviluppati, ed il castigo fosse cessato. Nello stesso modo opera Dio nelle membra del Corpo mistico del Redentore; le tribolazioni le purificano e le predispongono alla grazia ; questa le trasforma e le orienta al Signore, ed allora la consolazione si espande anche nella vita terrena. In tal modo è tutelata anche 1' umana libertà, perché chi è tribolato tende le mani e domanda aiuto liberamente a Dio, e domandando soccorso apre il cuore alla grazia, si lascia trasformare, risponde agl’ inviti della misericordia, e si rende degno della prosperità anche materiale, conseguenza e benedizione della prosperità spirituale.
La grazia divina apparisce nell'anima nostra come nube che ha la forma dell'orma dell'uomo, cioè è sempre un piccolo germe che si solleva dal mare delle tribolazioni come un elemento che apparisce umano. Nella trasformazione di un cuore, per es. il primo movimento, della grazia sembra in noi un desiderio di pace e di silenzio, ovvero un senso di noia delle cose umane, una nostalgia dei giorni più belli della prima innocenza, una commozione prodotta da un canto, da uno spettacolo naturale, da un profumo d'incenso, da un suono di campane, o anche un senso d’angoscia prodotto dalla morte di una persona cara, da uno spettacolo di sofferenza, da un pubblico flagello, ecc. Tutte queste emozioni hanno il carattere e la forma di un sentimento umano e sono invece le prime nuvolette di grazia, che subito dopo un atto nostro di corrispondenza, si espandono e diventano un cielo tutto coperto di nubi cariche di pioggia salutare.
Sette volte il servo di Elia guardò verso il mare, e solo alla settima volta vide la nuvoletta benefica. Così l'anima che si converte a Dio comincia dal fare degli atti di pietà che le sembrano oziosi e sono invece preparazione alla grazia. Legge, per es., un buon librò e non .vede nulla; ascolta la parola di Dio e non scorge ancora la verità divina, prega meccanicamente, ma non vede nulla nel suo cielo spirituale; va in Chiesa ma non le sembra un ambiente diverso da quello del mondo nel quale vive; si avvicina al Sacerdote ma non vi scorge quella nube soprannaturale di un potere sovrumano che conquide; considera la sua coscienza, ma non le sembra così fosca com’ è realmente ; considera infine la bontà di Dio nella misericordia della Redenzione, innanzi al SS. Sacramento, e dopo ripetuti atti apparentemente vacui ed oziosi, vede in sé la nuvoletta di grazia in una emozione interna che la trasforma.
Elia fece andare sette volte il servo sulla cima del monte a
guardare il mare ; è da supporsi che ogni volta vi andava dopo di aver pregato con lui ; pregavano insieme e il servo andava per vedere se la grazia era ottenuta ; simbolo magnifico questo della reiterata preghiera che deve accompagnare ogni movimento dell’anima verso Dio; simbolo della settiforme preghiera liturgica della Chiesa che attrae sul mondo la grazia.
Il servo di Elia ogni volta che andava a guardare verso il mare provava un’emozione profonda innanzi a quell'immensa distesa, e l’anima sua si raccoglieva in più fervorosa preghiera. Forse anche per questo Elia lo mandò sette volte, affinché non si fosse stancato in una preghiera continua alla quale non era abituato. Il simbolo profetico era più bello in quel momento : in oriente s'era immolata la vittima ed era discesa la fiamma, e dall’occidente veniva su la nube che doveva ricoprire tutto il cielo; la Redenzione doveva compirsi in oriente, ma dall’occidente, dalla cattedra di Pietro stabilita a Roma, doveva espandersi la grazia su tutta quanta la terra.
Quando la pioggia cominciò a cadere, Acab, salito sul carro, se ne andò frettolosamente a Iezrael, che era quasi una seconda capitale del regno; Elia spinto dallo Spirito di Dio si cinse i fianchi, cioè succinse la sua lunga veste attorno ai fianchi, per correre più speditamente, ed andò avanti al Re fino alle porte di Jezrael. Il Re andava per recare a Jezabel la nuova dei grandi avvenimenti del Carmelo ; Elia gli andò avanti perché avrebbe voluto convertire l’infame regina, causa principale della corruzione idolatrica del popolo; ma, come subito vedremo, dovette rinunziare al suo desiderio per l'ostinazione della scellerata donna. Lo Spirito di Dio lo mosse ad andare, perché il Signore non lascia senza soccorso i più ostinati peccatori ; ma egli si arrestò alla porta della città e non vi potette entrare. Così tante volte la grazia celeste è costretta ad arrestarsi alle porte di un'anima, anche quando la misericordia divina inonda la terra, perché l’anima le oppone resistenza.
Sac. Dolindo Ruotolo

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