2. San Paolo promette ai Corinzi che andrà da loro per fare un giudizio severo contro i colpevoli se non si emendano.
Nel v. 20 del capitolo precedente, san Paolo aveva preavvisato i Corinzi in gergo che avrebbe agito con severità, dicendo che temeva di essere da loro trovato quale non l’avrebbero voluto, ora lo dice apertamente: egli verrà la terza volta, e farà un giudizio giuridico in piena regola contro i colpevoli; cita, perciò, una sentenza della Legge mosaica (Dt 19,15), ricordata anche da Gesù Cristo (Mt 18,16; Gv 8,17): Sul detto di due o tre testimoni sarà deciso ogni affare, per dire che giudicherà i colpevoli in base alle testimonianze raccolte contro di loro. E perché i rei intendano che egli questa volta agirà con severità contro di loro affinché il male sia sradicato dalla Chiesa, soggiunge: Già ve l’ho detto, ed ora assente lo ripeto, come quando ero presente la seconda volta, a coloro che prima peccarono e a tutti gli altri, che, se verrò di nuovo, non sarò indulgente.
La seconda visita di san Paolo ai Corinzi fu assai breve, ed egli allora si contentò di minacciare i colpevoli, specialmente quelli rei di colpe impure, com’è chiaro dal contesto, non avendo il tempo di fare contro di loro un giudizio.
Questa volta, però, alla minaccia unisce il proposito fermo di procedere con severità se i rei non si saranno e- mendati e, per vincere la loro ostinazione nel male, domanda o, secondo il testo greco, dice loro in modo assoluto: Voi rimanendo ostinati nei vostri peccati cercate di far prova e di sperimentare dunque la potenza di quel Cristo che parla in me, Egli che non è debole a vostro riguardo ma è potente in mezzo a voi. Lo crederete voi debole sol perché fu crocifisso? Ma sebbene fu crocifisso in quanto che prese volontariamente una natura debole e mortale per redimerci, pure, secondo questa stessa natura, risuscitò e vive per virtù di Dio. Anche noi, suoi ministri, soffriamo e siamo perseguitati e condannati, partecipando alla sua debolezza, ma nel nostro apostolato, rispetto a voi partecipiamo pure alla sua potenza, e saremo vivi con Lui per la virtù di Dio, giudicandovi con giustizia e con severità.
Invece, dunque, di far prova della nostra potestà commettendo il male, esaminate piuttosto voi stessi, fate saggio di voi stessi se siete nella fede vera e operativa, fate prova dì voi stessi. Per fare questo esame di coscienza basta vedere se Gesù Cristo vive in voi, e se la vostra vita è conforme ai suoi precetti. E difficile questo? O non riconoscete da voi che è in voi Gesù Cristo? A meno che non siate reprobi. Se non siete reprobi, ossia in disgrazia sua, voi vi accorgete da voi medesimi se vive o non vive in voi Gesù Cristo, e potete facilmente esaminarvi. Da questo e-
same spassionato della vostra coscienza e della vita di Gesù Cristo in voi, io spero che voi riconoscerete anche che noi non siamo reprobi, ossia che io sono vero apostolo suo, nel quale Egli abita ed opera per vostro bene. E logico che, esaminando in voi e contando i caratteri e i segni della vita di Gesù Cristo, voi riscontriate anche in me questa vita, e intendiate che Egli vive in me con la sua grazia e la sua potenza. Ma anche se non vi accorgete di questo e non avete considerazione per noi, a noi non interessa, purché facciate il bene e viviate da veri cristiani.
Noi, infatti, ci preoccupiamo e preghiamo Dio che non facciate nulla di male, e non perché sembri che noi siamo autorevoli, cioè non perché ci sia di gloria la vostra condotta o sembri frutto del prestigio della nostra autorità, ma perché operiate il bene per il bene e per dar piacere a Dio, anche se dovessimo noi passare per inetti, e questo bene non dovesse apparire come frutto del nostro lavoro.
I falsi apostoli si preoccupano della loro gloria, e vogliono fare apparire il merito della loro operosità, attribuendo a se stessi il bene che voi compite; noi, invece, ci preoccupiamo del vostro bene e desideriamo solo che lo facciate, anche se dovessimo essere riguardati come inetti a promuoverlo. Vi facciamo però notare - soggiunge l’Apostolo per non svalutare il suo ministero e la sua autorità che viene da Dio - che noi nulla possiamo contro la verità ma per la verità', anche se ci considerate come inetti, siamo però ministri della verità e lavoriamo per la verità, come quando vi giudichiamo con l’autorità, che viene da Dio, non giudichiamo contro la verità ma per la verità. Desideriamo, però, di non mostrare questa nostra autorità, e desideriamo di apparire noi un nulla purché siate voi
buoni, e perciò ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi forti, e questo appunto, è ciò che noi domandiamo: la vostra perfezione.
Per questo desiderio ardente che io ho del vostro bene e non di manifestare la mia autorità in mezzo a voi, stando da lontano vi scrivo queste cose, affinché, quando sarò presente non abbia da agire con severità, secondo il potere che il Signore mi diede per vostra edificazione e non per vostra rovina. Avendomi Dio dato il potere di reggervi e guidarvi, me l’ha dato per edificarvi non per rovinarvi, e per conseguenza desidero apparire io debole, non facendo uso del mio potere giudiziario, e desidero che voi siate forti nella virtù.
Esaurito l’argomento della sua lettera, san Paolo conclude con parole di bontà, per mostrare il suo animo pieno di carità verso i Corinzi: State allegri - egli dice - e non vi contristate per quello che vi ho scritto, ma pensate alla felicità di essere membra di Gesù Cristo; siate perfetti in ogni virtù, consolatevi in mezzo ai mali ed alle tribolazioni della vita, abbiate gli stessi sentimenti, guardandovi dall’essere divisi in partiti, state in pace e non vi siano tra di voi dissensioni, e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi gli uni gli altri col bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo, per la quale siamo giustificati e salvati, la carità di Dio Padre, per la quale siamo uniti intimamente a Lui, e la comunione dello Spirito Santo che ci distribuisce i suoi doni e le sue grazie, sia con tutti voi. Amen. Con questa invocazione alla Santissima Trinità, san Paolo chiude la sua lettera; è come una formula di benedizione e di augurio, suggello delle sue esortazioni. La parola Amen del Testo della Volgata manca nei migliori codici, ma si trova in altri, e noi l’abbiamo conservata come suggello della benedizione dell’Apostolo.
Nel v. 20 del capitolo precedente, san Paolo aveva preavvisato i Corinzi in gergo che avrebbe agito con severità, dicendo che temeva di essere da loro trovato quale non l’avrebbero voluto, ora lo dice apertamente: egli verrà la terza volta, e farà un giudizio giuridico in piena regola contro i colpevoli; cita, perciò, una sentenza della Legge mosaica (Dt 19,15), ricordata anche da Gesù Cristo (Mt 18,16; Gv 8,17): Sul detto di due o tre testimoni sarà deciso ogni affare, per dire che giudicherà i colpevoli in base alle testimonianze raccolte contro di loro. E perché i rei intendano che egli questa volta agirà con severità contro di loro affinché il male sia sradicato dalla Chiesa, soggiunge: Già ve l’ho detto, ed ora assente lo ripeto, come quando ero presente la seconda volta, a coloro che prima peccarono e a tutti gli altri, che, se verrò di nuovo, non sarò indulgente.
La seconda visita di san Paolo ai Corinzi fu assai breve, ed egli allora si contentò di minacciare i colpevoli, specialmente quelli rei di colpe impure, com’è chiaro dal contesto, non avendo il tempo di fare contro di loro un giudizio.
Questa volta, però, alla minaccia unisce il proposito fermo di procedere con severità se i rei non si saranno e- mendati e, per vincere la loro ostinazione nel male, domanda o, secondo il testo greco, dice loro in modo assoluto: Voi rimanendo ostinati nei vostri peccati cercate di far prova e di sperimentare dunque la potenza di quel Cristo che parla in me, Egli che non è debole a vostro riguardo ma è potente in mezzo a voi. Lo crederete voi debole sol perché fu crocifisso? Ma sebbene fu crocifisso in quanto che prese volontariamente una natura debole e mortale per redimerci, pure, secondo questa stessa natura, risuscitò e vive per virtù di Dio. Anche noi, suoi ministri, soffriamo e siamo perseguitati e condannati, partecipando alla sua debolezza, ma nel nostro apostolato, rispetto a voi partecipiamo pure alla sua potenza, e saremo vivi con Lui per la virtù di Dio, giudicandovi con giustizia e con severità.
Invece, dunque, di far prova della nostra potestà commettendo il male, esaminate piuttosto voi stessi, fate saggio di voi stessi se siete nella fede vera e operativa, fate prova dì voi stessi. Per fare questo esame di coscienza basta vedere se Gesù Cristo vive in voi, e se la vostra vita è conforme ai suoi precetti. E difficile questo? O non riconoscete da voi che è in voi Gesù Cristo? A meno che non siate reprobi. Se non siete reprobi, ossia in disgrazia sua, voi vi accorgete da voi medesimi se vive o non vive in voi Gesù Cristo, e potete facilmente esaminarvi. Da questo e-
same spassionato della vostra coscienza e della vita di Gesù Cristo in voi, io spero che voi riconoscerete anche che noi non siamo reprobi, ossia che io sono vero apostolo suo, nel quale Egli abita ed opera per vostro bene. E logico che, esaminando in voi e contando i caratteri e i segni della vita di Gesù Cristo, voi riscontriate anche in me questa vita, e intendiate che Egli vive in me con la sua grazia e la sua potenza. Ma anche se non vi accorgete di questo e non avete considerazione per noi, a noi non interessa, purché facciate il bene e viviate da veri cristiani.
Noi, infatti, ci preoccupiamo e preghiamo Dio che non facciate nulla di male, e non perché sembri che noi siamo autorevoli, cioè non perché ci sia di gloria la vostra condotta o sembri frutto del prestigio della nostra autorità, ma perché operiate il bene per il bene e per dar piacere a Dio, anche se dovessimo noi passare per inetti, e questo bene non dovesse apparire come frutto del nostro lavoro.
I falsi apostoli si preoccupano della loro gloria, e vogliono fare apparire il merito della loro operosità, attribuendo a se stessi il bene che voi compite; noi, invece, ci preoccupiamo del vostro bene e desideriamo solo che lo facciate, anche se dovessimo essere riguardati come inetti a promuoverlo. Vi facciamo però notare - soggiunge l’Apostolo per non svalutare il suo ministero e la sua autorità che viene da Dio - che noi nulla possiamo contro la verità ma per la verità', anche se ci considerate come inetti, siamo però ministri della verità e lavoriamo per la verità, come quando vi giudichiamo con l’autorità, che viene da Dio, non giudichiamo contro la verità ma per la verità. Desideriamo, però, di non mostrare questa nostra autorità, e desideriamo di apparire noi un nulla purché siate voi
buoni, e perciò ci rallegriamo quando noi siamo deboli e voi forti, e questo appunto, è ciò che noi domandiamo: la vostra perfezione.
Per questo desiderio ardente che io ho del vostro bene e non di manifestare la mia autorità in mezzo a voi, stando da lontano vi scrivo queste cose, affinché, quando sarò presente non abbia da agire con severità, secondo il potere che il Signore mi diede per vostra edificazione e non per vostra rovina. Avendomi Dio dato il potere di reggervi e guidarvi, me l’ha dato per edificarvi non per rovinarvi, e per conseguenza desidero apparire io debole, non facendo uso del mio potere giudiziario, e desidero che voi siate forti nella virtù.
Esaurito l’argomento della sua lettera, san Paolo conclude con parole di bontà, per mostrare il suo animo pieno di carità verso i Corinzi: State allegri - egli dice - e non vi contristate per quello che vi ho scritto, ma pensate alla felicità di essere membra di Gesù Cristo; siate perfetti in ogni virtù, consolatevi in mezzo ai mali ed alle tribolazioni della vita, abbiate gli stessi sentimenti, guardandovi dall’essere divisi in partiti, state in pace e non vi siano tra di voi dissensioni, e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi gli uni gli altri col bacio santo. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo, per la quale siamo giustificati e salvati, la carità di Dio Padre, per la quale siamo uniti intimamente a Lui, e la comunione dello Spirito Santo che ci distribuisce i suoi doni e le sue grazie, sia con tutti voi. Amen. Con questa invocazione alla Santissima Trinità, san Paolo chiude la sua lettera; è come una formula di benedizione e di augurio, suggello delle sue esortazioni. La parola Amen del Testo della Volgata manca nei migliori codici, ma si trova in altri, e noi l’abbiamo conservata come suggello della benedizione dell’Apostolo.
Sac. Dolindo Ruotolo
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