domenica 8 giugno 2014

08.06.2014 - Commento a Genesi cap. 11 par. 1-5

1. L’unità del linguaggio umano ed il valore degli studi fatti dagli uomini. La fede è l’unica scienza infallibile.
Con queste semplici parole la Scrittura afferma una verità che l'uomo ha stentato a conquistare. Oggi è provato dalla filologia che la terra ha avuto da principio un unico linguaggio e che tutte le innumerevoli lingue e dialetti parlati nel mondo sono derivati dalla stessa lingua. Eppure per lungo tempo si credette una favola l'unità del linguaggio, ed impudemente si rinnegò la parola rivelata da Dio.
E un fatto che l’uomo, costantemente, dopo aver rinnegata la
rivelazione, è costretto dall'evidenza degli studi e dalla vera scienza a riammetterla, sfatando d’un colpo le affermazioni contrarie, prima sostenute con tanto orgoglio in nome della scienza. Le innumerevoli discussioni sull'unità del linguaggio umano, spesso blasfeme, spesso sature di stupida miscredenza, hanno dato come risultato questo semplice vers. del Sacro Libro : La terra aveva una sola favella ed uno stesso linguaggio. Chi fece un atto di fede nelle parole di Dio quando i pretesi scienziati affermavano il contrario, si trovò più sapiente di tutti, e ne seppe quanto ne sa il più dotto dei filologi moderni. Anzi ne seppe di più, perché il filologo fonda la sua sapienza sui fallaci documenti umani, ed il credente la fonda sull'infallibile testimonianza di Dio; il filologo non è assolutamente certo di quello che dice, ed il credente ha una certezza assoluta, nella quale la ragione riposa.
Quando l’uomo, infatti, si appoggia alla divina rivelazione, non si appoggia ad una chimera, ma alla verità rivelata dall'Eterna Verità, cioè dall’unica fonte infallibile di qualunque verità, perché Dio è il Dio delle scienze.
Non c'è e non ci può essere un positivismo più reale quanto quello fondato sull’eterna e sussistente Verità, sull'infinito Essere che solo è. Chi crede fa un atto di alta sapienza e si mette immensamente al di sopra dell’umana ignoranza; non è più come uno che per fare luce accende l'un dopo l'altro dei fumiganti moccoli, ma è come colui che apre le imposte e fa entrare in pieno il sole nelle proprie tenebre.
Quando gli uomini sotto l’orpello della scienza ci vengono a sciorinare le loro frottole contrastanti con le affermazioni di Dio, noi non possiamo credere alle loro stoltezze, ma all'Eterna Verità. Verrà l’ora, e per tante cose è già venuta, nella quale la scienza, dopo le sue lunghe peregrinazioni, non farà che scrivere quelle stesse parole che Dio ci diede fin dal principio, e che essa nel suo orgoglio e nella sua ignoranza rinnegò. Non c' è da confondersi quando si sente annunziare una mirabolante scoperta che contrasta con la Fede; si può giurare che è  una sciocchezza. La storia di tutti gli errori è una conferma eloquente di ciò che diciamo.
Esprimiamoci con una parabola: alcuni uomini esaminano un terreno offerto loro gratuitamente come il più fecondo di tutti. Nella loro inesperienza lo giudicano male e se ne allontanano per trovare il terreno più fertile. Camminano attraverso monti, passano per mari burrascosi, e dopo mille ricerche accurate, dicono in tono di trionfo : — Ecco il terreno più fecondo ! — Lo dicono, lo esaminano, lo analizzano, e si accorgono con grande stupore che era proprio quello che essi avevano abbandonato... Essi trovano in quel campo i semplici e gli umili, che già da tempo vi hanno seminato e vi hanno fatto la più ubertosa raccolta di frutti.
E un fatto che a misura che si fanno tante scoperte archeologiche, le scienze storiche coincidono novellamente con le affermazioni della Sacra Scrittura. Così avviene e così avverrà per tutte le scienze, e la parola di Dio rifulge sempre come unica sapienza in tutti i tempi ed in tutti i campi, dopo il penoso lavoro di generazioni di scienziati infanciulliti dalla miscredenza. Forse Dio permette che gli uomini rinneghino la verità rivelata, tace, e sembra vinto dalla povera scienza umana, perché un giorno la stessa scienza dovrà glorificarlo nella sorpresa della verità stentatamente trovata che coincide con la verità rivelata, creduta semplicemente dagli umili.
Perciò conserviamo la nostra Fede come il più prezioso tesoro di sapienza e crediamo con tutto l'assenso della mente a Dio ed alla Chiesa Cattolica, che ha il deposito infallibile della divina verità. La filosofia, nello stato nel quale oggi si trova, non è che la patologia dell’umana ragione, è un arruffato groviglio di stoltezze chimeriche che disonorano l’umano intelletto. Quando essa uscirà dalla mota nella quale s’è impantanata, quando fra contrasti e rovine avrà raggiunta la verità, non potrà non combaciare con la Fede, riconoscendo che la più alta e luminosa filosofia è la rivelazione di Dio.
2. La torre di Babele.
Dio creando l'uomo gli aveva ingiunto di riempire la terra, (1, 28) e per conseguenza di non trattenersi in un luogo soltanto. La stessa ingiunzione aveva fatta a Noè quando uscì dall’arca dopo il diluvio (IX, I). L'emigrazione dei popoli verso altre terre è un fenomeno provvidenziale e necessario, che in qualunque e- poca della storia si verifica o lentamente o a grandi masse. E la conseguenza del moltiplicarsi dell'umana famiglia e dell’esaurimento delle risorse di una regione. Anche noi abbiamo assistito alle lente emigrazioni dei popoli europei nell’America ed in altre regioni del globo.
Gli uomini procreati dai figli di Noè erano rimasti nelle regioni dell'Armenia e si erano stabiliti in quei luoghi. Erano tutti gli uomini allora esistenti, ed è errato supporre che ve ne fossero altri, non essendovi stati altri capostipiti dell'umanità, rinnovellata dopo il diluvio. Non è quindi da stupirsi che fossero stati insieme ed avessero avuto un solo linguaggio.
Pressati dalle necessità demografiche, perché si erano moltiplicati grandemente essi dovevano emigrare; non avevano obbedito ancora al precetto divino di riempire la terra e vi erano costretti dalla necessità di vivere. Essi perciò non si mossero che a malincuore dal paese che abitavano, e non avevano intenzione di allontanarsene molto. Rendendo vano il fine per il quale Dio li voleva diffusi a poco a poco sulla terra, essi stabilirono di edificare una grande città ed una torre immensa, come luogo centrale per potersi ritrovare più facilmente. In altri termini vollero formare un regno unico, con una capitale grandiosa, che fosse il centro della loro potenza. Era una disobbedienza a Dio ed un atto di orgoglio, giacché speravano d’immortalare la loro memoria nei secoli.
Partirono a gruppi dal monte Ararat nell’Armenia, si spinsero nella valle dell'Arasse e nella Media, e di là traversati i monti Gordiani si trovarono nella pianura di Sennaar, un luogo adatto ai loro disegni. La pianura formata da terreni alluvionali, manca di pietre e perciò essi furono costretti ad impastare la terra e a formare dei mattoni per poter fabbricare. Siccome in quei luoghi abbonda il bitume, se ne servirono come cemento in luogo di calce. Oli antichi monumenti babilonesi formati di argilla seccata al sole e cotta, confermano pienamente il racconto della Scrittura.
Cominciarono alacremente il lavoro e con ciò stesso rimasero nella pianura, premurosi più della loro gloria che di quella di Dio. Essi volevano elevare un monumento che fosse arrivato fino ai cielo, cioè altissimo, atto a servire loro di richiamo quando si fossero allontanati da quel luogo. La torre infatti, benché non fosse stata compita, si elevava già secondo alcuni per quattro miglia, e Strabone, lo storico, attesta che ai tempi suoi se ne vedevano ancora gli avanzi grandiosi. Era dunque una costruzione di fronte alla quale i famosi grattacieli americani sono una piccolezza.
3. La misteriosa discesa di Dio sulle umane attività.
La confusione delle lingue.
Il Sacro Testo dice che Dio discese a vedere la città e la torre e si .esprime a modo umano per adattarsi al nostro intendimento e farci comprendere come Dio vigili sull'andamento delle umane vicende, e come sia sotto lo sguardo della sua Provvidenza la vita dei regni e delle nazioni.
Dio discese a vedere, perché il suo sguardo provvidenziale è un’infinita degnazione; discese, perché ogni disposizione della sua Provvidenza è una grazia, e la grazia è veramente una discesa di Dio sulle sue creature, è come lo stillare della rugiada dall’alto dei cieli. Dio, presente in ogni luogo, non aveva, bisogno di discendere e di guardare per conoscere quello che facevano gli uomini, ma Egli discese, perché non conobbe solo quello che essi facevano, ma intervenne nelle umane attività per ordinarle ai suoi fini. Gli uomini sono liberi, Dio li conosce, li guarda, li scruta, ma non impedisce la loro libertà; discende, cioè interviene quando le opere libere degli uomini turbano l’armonia dei suoi disegni; non li sforza ad agire, ma discende in mezzo a loro con la sua divina attività, affinché la loro medesima ragione e la loro libertà si muovano e lo seguano.
Se alcuni fanciulli ostinatamente vogliono fabbricare dei fragili edifici di carta invece di studiare, il padre si avvicina ad essi senza farsi scorgere, abbaglia i loro occhi con uno specchio e soffia su quelle effimere costruzioni, dissolvendole ; i fanciulli non lo veggono perché egli è nascosto, continuano a giocare, ma si sentono disorientati, si persuadono che è inutile insistere a voler tenere in piedi dei fogli di carta con gli occhi abbacinati ed in mezzo al vento, e desistono. Così, per esprimerci, fece Dio; discese e si affiancò silenziosamente agli uomini abbagliandoli con la sua luce ed agitando la loro intelligenza ; essi così erano come suonatori colpiti in pieno dall’armonia di un’orchestra più grande, che conservano la libertà di suonare, ma che si confondono, scambiano i toni, dimenticano la melodia, si sentono urtati dalle stridenti dissonanze, e tacciono.
Se altri fanciulli discutono animatamente di stoltezze, non basta la presenza e lo sguardo del maestro per confonderli? Il maestro non li costringe, ma discende a loro e vede quello che essi fanno ; non manifesta nessun pensiero, ma è come irradiato dalla sua sapienza, e basta quella luce per confondere il linguaggio dell’infantile presunzione, e per ricondurre la scolaresca alla tranquillità dello studio.
Discese a vedere, è una parola profondissima che rivela questo mirabile modo di agire della Divina Provvidenza, la quale anche nelle affermazioni della sua potenza e della sua volontà non contrasta con l’umana libertà, ma si affianca ad essa, lavora con essa e nell’interferenza delle sue forze, la persuade a desistere, e la spinge soavemente per le vie che vuole raggiungere.
Quante di queste misteriose discese fa Dio nelle anime e con quale signorile delicatezza le spinge nelle sue vie! Quando S. Alfonso De Liguori difendeva con ardore la sua causa in tribunale ed era certo del successo, Dio discese con la sua luce, e questa oscurò gli argomenti del brillante avvocato; discese, guardò l’inutilità di quell'attività che contrastava col suo disegno di amore. Lo sguardo di Dio oscurò la mente dei giudici, essi videro male la posizione della causa, perché erano avvolti da una luce intensa che faceva loro veder male l’attività del giovane avvocato; si confusero e giudicarono errata una causa che era errata solo nell'attività del nobile napoletano ; la causa fu perduta perché la discesa di Dio aveva confuso le lingue, ma il brillante avvocato aveva lasciato la babele del mondo per prendere la via che Dio gli tracciava. Egli aveva ascoltato altre volte il placido sussurro dell'invito divino, ma era rimasto incerto ed aveva esitato; la confusione delle lingue in quella causa gli fece sentire Dio più vicino , perché Egli era disceso a vedere, e la sua libertà, convinta da quell'insuccesso, assentì alla volontà amorosa di Dio che lo voleva santo e gran santo.
Un'anima sacerdotale è tutta intenta al suo ministero, fa progetti grandiosi, sogna attività più intense, aspira a vette più sublimi, Dio discende e vede ; ascolta quell'anima, la irradia con la luce dei suoi disegni, la segna cori la Croce. La luce di Dio fa emergere d'un tratto ciò che in quell'anima era stolto, ciò che era umano, ciò che contrastava suo malgrado con le sue stesse aspirazioni. I superiori si offuscano, le ombre insignificanti prendono corpo, gli edifici eretti da Dio in quell' anima formano un cono d’ombra ; si confondono le lingue, il Sacerdote retto che edificava affannosamente con i mattoni e col bitume, cioè con attività naturali di entusiasmo, è creduto un eretico, un folle, un essere pericoloso; non si vedono in lui gli edifici di Dio ma le ombre; è annientato, è sospeso, è ridotto come un verme, ma proprio allora s'incammina per la via di Dio, e smette la sua fabbrica per portare lontano il suono di una nuova lingua, di un nuovo apostolato, per far nascere dov’era il deserto la città di Dio !
Dio discende e vede, ogni volta che la nostra anima forma in se stessa l'edificio dell’orgoglio, ogni volta che rifiuta di camminare nelle vie della Divina Volontà; Dio discende e vede, discende come una immensa corrente di vita, quasi come vento caldo che penetrando in un ambiente freddo vi produce correnti di aria che scuotono le foglie aride e dissipano le inutili pagliuzze. Dio discende e vede, ed intorno all’anima si forma la confusione dei contrasti, delle pene, delle incomprensioni, che sono vere confusioni di lingue, ed essa non può rimanere nel suo stato, deve mutare indirizzo, deve prendere altra via. Quanto è ammirabile il Signore in queste silenziose discese, quanto è commovente il pensare a questo suo intervento così lene, così placido, così soave e nello stesso tempo così forte, che lascia intatta la libertà e fa sentire i diritti del suo ineffabile amore !
Dio avrebbe potuto imporre agli uomini di Babele la cessazione del lavoro, avrebbe potuto mandare un terremoto in quella regione per spaventarli e per demolire la loro fabbrica; invece discese placidamente, come discende la notte, e fece in modo che nelle tenebre della confusione quegli uomini avessero liberamente smesso l'inutile e vano lavoro. Per questo Dio si mostra tanto buono, e guarda l’attività delle sue creature quasi con preoccupazione:— Questa è la prima impresa che fanno, ormai non sarà loro difficile fare quanto venga loro in mente. (1) — È l’amore che lo fa parlare, poiché che cosa sarebbe stato di quegli uomini se avessero fatto tutto quello che stoltamente pensavano ? Avrebbero creata la civiltà della morte, quella che il mondo moderno ha creata nella sua apostasia da Dio, la civiltà degli edifizi, della meccanica, delle orge, delle sbornie intellettuali, e l'inaridimento della vita, la fame, la desolazione. Dio troncò l'impresa che sembrava audace ed era folle, e conservò agli uomini i campi, l’aria libera, il nutrimento e la gioia di riprodursi e di vivere.
Deve notarsi che il Sacro Testo dice due volte che Dio discese : discese a vedere la città e la torre, e poi soggiunge più avanti:— Venite, scendiamo, e confondiamo il loro linguaggio.— Tutti i Padri riconoscono in queste parole un'allusione alla SS. Trinità, poiché Dio parla in plurale: Venite, scendiamo, invitando quasi le sue divine persone a discendere. Anche questa è una rivelazione ammirabile del modo di operare di Dio : Egli discende e vede per la grazia e per la Provvidenza; confonde il linguaggio delle sue creature per la loro salvezza, discendendo nella sua augusta Trinità ; la sua Potenza fa loro sentire la debolezza della loro attività, la sua Sapienza ne fa loro sentire la stoltezza, il suo Amore ne fa loro sentire la vacuità. Sono i tre raggi che mutano le creature e le convertono, quando esse delirano nella loro libertà ; questi tre raggi diventano nel loro cuore dolore, umiliazione, disinganno ; il dolore le arresta nella loro china, l'umiliazione le impiccolisce nel loro gonfiamento, il disinganno le distacca dalle creature. Dio così confonde il linguaggio interiore dell'orgoglio, getta l’anima nelle tenebre dell’angoscia, fa sì che non intenda più il linguaggio del mondo, e la converte pur lasciandola libera. Prima le sembravano dolci le voci dell’orgoglio, dei sensi e del mondo, e le intendeva; dopo le sembrano una strana confusione, non intende più, non vive più, non ama più, e prende altra via, cercando la luce di Dio nei placidi ed ubertosi campi della Fede.
4. La discesa di Dio nella Pentecoste. L’unità del linguaggio.
La dispersione degli apostoli nel mondo.
Dio discese sugli uomini radunati dall'orgoglio e confuse le loro lingue, disperdendoli nel mondo ; discese sugli Apostoli radunati nel Cenacolo dall’umiltà vivente, da Maria SS., e compì il prodigio opposto, perché unificò il linguaggio degli uomini nel linguaggio della Fede.
Gli uomini di Babele volevano formare un'unità materiale, fondata sulla potenza materiale, e Dio li confuse perché l’unità del mondo doveva essere spirituale. Il Verbo Umanato doveva edificare la Chiesa come una torre incrollabile, alta veramente fino al cielo, centro mirabile di unità di tutte le creature, Corpo mistico suo, vivificato da Lui e retto dal Papa. La Chiesa doveva avere una sola lingua nella mirabile unità e cattolicità della sua dottrina e della sua vita, e doveva avere anche una sola lingua nella sua Liturgia.
Nella pianura di Sennaar il linguaggio era già confuso interiormente, perché gli uomini parlavano da stolti, non intendendo i di - segni di Dio. Nella Pentecoste gli uomini, benché di tante diverse nazioni, intesero il linguaggio di Dio, perché lo Spirito Santo aveva già unificate le menti, illuminando e fecondando la Chiesa; e gli Apostoli prima di disperdersi per il mondo, videro le creature che li ascoltavano, unite in un sol cuore ed in un sol pensiero nell’intelligenza della parola di Dio.
A Sennaar che significa, vegliare, spogliato, mutazione della città, gli uomini vegliarono per orgoglio, furono spogliati della loro potenza effimera, e videro mutata la città che edificavano, in confusione. Nel Cenacolo, gli Apostoli vegliarono nella preghiera, furono spogliati dell’uomo vecchio, e mutarono la città di Gerusalemme divenuta una Babele, nella città dell’unità e dell'ordine, nella Chiesa Cattolica.
Discese Dio sugli uomini di Sennaar e li guardò, discese la SS. Trinità e li confuse, disperdendoli per il mondo. Discese lo Spirito Santo sugli Apostoli e li guardò, illuminandoli con la luce dei suoi doni ; essi uscirono dal Cenacolo mutati in altri uomini, annunziarono la parola di Dio, battezzando le genti nel nome della SS. Trinità. Discese dunque sui popoli Dio uno e Trino, e li unificò nella Fede. Gli Apostoli si dispersero nel mondo, non già perché confusi dal Signore, ma perché uniti dalla mirabile fusione soprannaturale che Gesù Cristo invocò su di loro quando disse: Siano essi una sola cosa come noi siamo una sola cosa (Giov. XVII, 11).
5. In quale maniera Dio confuse le lingue.
Nella confusione delle lingue v'è un delicato ed ammirabile disegno della divina bontà. Gli uomini, infatti, dovevano disperdersi in gruppi omogenei per poter fondare le varie nazioni del mondo ; ma quale confusione sarebbe accaduta se si fossero lasciati guidare dal capriccio? La vera Babele sarebbe successa in realtà senza la provvidenziale confusione delle lingue, perché gli uomini sarebbero venuti a contesa, raggruppandosi secondo le velleità del momento. Dio invece li divise ordinatamente in gruppi etnici, uniti dalla stessa indole, e dal medesimo carattere. La lingua di questi gruppi rispecchiò non più il tradizionale modo di parlare, ma l'indole di ciascuno.
Anche oggi le varie lingue del mondo non sono soltanto un diverso modo di esprimersi, ma sono lo specchio della vita e dell’indole di ciascun popolo. La lingua tedesca presenta il Tedesco, l’anima cioè di quel popolo, la lingua italiana presenta l’Italiano, e così per le altre nazioni. Anche quando noi impariamo una lingua straniera, non riusciamo a parlarla veramente bene che quando ci uniamo all’indole ed alla vita del popolo che la parla. Dio dunque non fece una confusione disordinata, ma operò un miracolo di Provvidenza; fece che ogni uomo parlasse manifestando la propria anima e la propria indole com’era, e così automaticamente quegli uomini che ci tenevano tanto all’unità per la loro gloria, si dispersero pacificamente perché non s'intendevano, non riuscivano a stare più insieme con un linguaggio interiore così diverso, così distinto da quello degli altri, che si rispecchiava nel linguaggio esteriore.
L’antitesi di questo avvenimento si realizzò nel Cenacolo : Gli Apostoli, parlando una sola lingua, si facevano intendere da una moltitudine di uomini di diverse nazioni, e ciascuno li ascoltava nella propria lingua, perché essi, più che parlare un particolare linguaggio, penetravano l'anima, e rivelavano alle attonite menti il pensiero di Dio. Nella Pentecoste, quindi, fu l'anima che si manifestò, e siccome lo Spirito Santo vivificava gli Apostoli, tutti in
tesero quel linguaggio che era la manifestazione di Dio. In Babele si manifestò l'indole umana e gli uomini si divisero ; nella Pentecoste si manifestò Dio che è Padre di tutti, e gli uomini si unirono in una sola idea ed in un sol cuore, che li fece apparire uniti in una sola lingua.
Consideriamo questo grande prodigio della confusione delle lingue. Ecco gli uomini radunati nell'immensa pianura, tutti intenti al lavoro. In un momento sorgono delle divergenze ; uno vuole una cosa, un altro vuole l’opposto. C'è fra di loro come uno spirito di vertigine, per il quale non s'intendono più. Hanno un'apatia strana, una svogliatezza nel lavoro, un senso di oppressione che rende inceppato il loro linguaggio, lo rende monco e strano. È come un parlare da balbuzienti in alcuni, un parlare più disteso in altri, è un vociare confuso per cui non s'intendono più, ed essi si raggruppano spontaneamente secondo il loro carattere, sentendosi attratti da quelli che si confacevano di più alla loro indole. Compresero così che Dio non li voleva là, e però si divisero per non contrastarsi, e popolarono le nazioni disseminate per i lidi, siccome è detto al Cap. X, 5, ossia popolarono la Spagna, l'Italia, la Grecia e le regioni mediterranee. Queste nazioni erano chiamate dagli Ebrei anche isole, perché circondate in gran parte dal mare.
Se si riflette al fatto che ogni famiglia ha in genere un modo suo particolare di parlare, ha un frasario proprio, dei proverbi propri, che ne rispecchiano l'indole, ne rimarcano le aspirazioni e ricordano gli eventi familiari, se si riflette che anche nelle famiglie numerose si formano i gruppi di quelli che s’intendono meglio fra loro, si capisce meglio che in Babele la manifestazione del carattere di ciascuno diede origine a modi speciali di esprimersi ed a vari gruppi etnici. Ecco un esempio che non ha alcuna pretesa etimologica, ma che può far intendere come una lingua possa alterarsi : una persona dice la parola porco per indicare il maiale, e nomina questo animale secondo il linguaggio comune. Se per amnesia, per ira, per confusione, non ricorda più il nome tradizionale deH’animale si sforzerà di dargliene un altro, e siccome è colpita dalle sue cosce grosse, lo chiamerà coscione, tanto per esprimersi. Si avrebbero così due parole diverse che suonerebbero per noi una italiana,
e l'altra simile al francese cochon. Uno dice tavola, un altro ha un impaccio nella lingua e dice tavle; rafforzando il v, un altro dice table. E questo un esempio elementare ed alla buona per far intendere come potrebbe succedere la confusione del linguaggio. Ma i filologi, e specialmente il nostro compianto Trombetti, hanno ritrovato oggi veramente l'unica origine comune di tutte le lingue del mondo.
Gli uomini, manifestando ed affermando l’indole loro, si confusero ; ai piedi della torre fondata dal loro orgoglio non si raccapezzarono più. Ai piedi della Croce gli uomini rinnegano se stessi per amore di Dio e si ritrovano nell'unità della carità. Essi hanno un sol cuore, un’anima sola ed anche un solo linguaggio, poiché pregano tutti con la voce della Chiesa Cattolica. L'unità ammirabile della Chiesa raccoglie tutti gli uomini dando loro non già la frivola gloria umana, ma la gloria eterna. Com’è ammirabile Dio in queste magistrali pennellate nel quadro della sua Provvidenza !
Adoriamo profondamente il Signore, umiliamoci ogni volta che l'orgoglio ci fa desiderare la nostra gloria, cerchiamo solo quella di Dio, non ci confondiamo, non diventiamo una babele interna ed esterna. Quando non ricerchiamo la gloria di Dio, noi non intendiamo più il suo linguaggio, non intendiamo le voci della creazione e quelle della nostra coscienza. Umiliamoci, ed invece di elevare in noi la stupida torre del nostro io, del nostro pensiero, e delle nostre fatue aspirazioni, eleviamo nell’anima nostra la Croce, perché questa è la vera grandezza che ci congiunge a Dio.
Sac. Dolindo Ruotolo

Nessun commento:

Posta un commento