giovedì 19 giugno 2014

19.06.2014 - Commento al Siracide cap. 48, par. 2-3

2. Fede attiva ed operativa negli esempi di Elia, di Eliseo, di Ezechia e d’Isaia.
La Fede vera non solo è conoscenza di Dio attraverso la rivelazione, ma è anche amore, perché la conoscenza porta l'apprezzamento, e l’apprezzamento l’amore. Chi crede veramente in Dio e lo ama, arde anche di zelo per la sua gloria e cerca diffonderne il regno nelle anime. La vera Fede, come la vera pietà, è sempre apostolica; non può limitarsi solo a pratiche di devozione, ma tende a dilatarsi dovunque, come una radice che si dirama in ogni parte del suolo per produrre nuovi germogli.
Il Sacro Autore, perciò, dopo aver mostrato in Davide il frutto più bello della fede, cioè il regno che culmina nel regno eterno del Redentore, mostra in quattro esempi come dev’essere attiva la fede, e preannunzia in sintesi profetica il Redentore nella sua mirabile e divina attività, fondamento e vita di qualunque attività apostolica della Chiesa.
Comincia da Elia, che amò Dio di tanto amore e bruciò di tanto zelo per la sua gloria in mezzo al popolo prevaricatore, da sembrare un fuoco ardente per il suo fervore e la sua parola. Egli fece venire contro i perversi la fame, supplicando Dio a non far piovere sulla terra dove si profanava il suo nome (111 Re XVII; Oiac., V, 17). Chiuse il cielo con la sua preghiera, e con la preghiera implorò che si aprisse tre volte per mandare fuoco, due volte sui cinquanta soldati mandati da Acab per catturarlo (IV Re, 3), ed una volta sull’ olocausto da lui offerto sul Carmelo, per mostrare che Dio era il vero ed unico Dio (III Re, XVII). Egli trasse ancora dal sepolcro il figlio della vedova di Sarepta, pregando ed abbassandosi tre volte sul cadavere del fanciullo (III Re, XVII), e precipitò i Re nella rovina invocando la punizione delle loro scelleratezze, e predicendo la rovina di Acab, di Gezabele, di Ocozia, di Joram fratello di Ocozia, e di Joram figlio di Giosafat, Re di Giuda (III Re, XXI, 22-23; IV Re I, 16-17; IX, 12-14; II Parai. XXI, 12-15 ecc.). Egli ne spezzò la potenza infrangendola col suo coraggio e con la sua preghiera, e dal letto dov’ erano infermi, rovesciò nella tomba Ocozia, Re d’Israele (IV Re, I, 16-17), e Joram, figlio di Giosafat, (II Parai. XXI, 15) minacciando e presagendo la morte, al primo per aver consultato l’idolo Beelzebub, ed al secondo per i suoi misfatti. Fuggendo l'ira di Gezabele attraversò il deserto, e fortificato dal pane e dall’acqua apprestatagli dall’Angelo, giunse al monte Oreb, eh' è parte del Sina, ecl ascoltò la voce di Dio che fulminò castighi contro i perversi, e gl’ ingiunse di ungere Re Jeu ed Azael, come strumenti di punizione contro le scelleratezze di Acab e d’Israele, e di ungere come suo successore il Profeta Eliseo, suo discepolo, e molti altri che formavano la sua comunità (III Re, XIX).
Ecco un esempio magnifico di fede attiva, tanto forte da incutere timore ai tiranni, tanto viva da aprire e chiudere il cielo, tanto efficace da operare cose mirabili con la sola forza della preghiera e della fiducia in Dio, tanto accesa di amore da non poter essere spezzata neppure dalla morte. Elia desiderò sopra tutte le cose la gloria di Dio, soffrì nel vederla manomessa, arse di zelo nella brama di ristabilirla, si preoccupò degli effetti futuri della prevaricazione d'Israele i cui peccati lo rendevano indegno della divina promessa, ed il Signore, eh' è fedele, non volle rendere vani tanti sforzi di zelo che superavano le barriere del tempo ; a quel cuore non bastava sgominare i nemici di Dio a lui contemporanei, a quello sguardo profetico non sfuggivano i prevaricatori scellerati degli ultimi tempi, ed il Signore non lo fece morire, ma lo rapì in cielo su di un carro di fuoco, serbando a lui la gloria di placare V ira di Dio sconfiggendo l’anticristo, e la consolazione di vedere il popolo suo ritornare al Signore, riconciliato con Lui, e ricostituito come popolo fedele di Giacobbe.
Di fronte a questa prospettiva di gloriosa attività, l’unica che poteva saziare quell'anima accesa di fede, il Sacro Autore ha un’esclamazione di profonda venerazione per il Profeta, e chiama beati quelli che lo videro e che si onorarono della sua amicizia, quando egli era ancora in terra. Il Sacro Autore poi è stupito della sopravvivenza del Profeta, perché noi abbiamo solo la vita, ristretta nel tempo ai pochi anni assegnatici da Dio, mentre egli ebbe una vita prolungata fino agli ultimi tempi.
Ad Elia successe Eliseo, che ne ereditò lo spirito (IV Re, II, 15) e si distinse per un grande coraggio al cospetto dei potenti, come, per es., di fronte a Joram, Re d’Israele (IV Re, III, 14). Non temette di alcun principe perché amò e temette Dio sopra tutte le cose, e nessuno lo vinse con la potenza e con la parola, perché egli operava prodigi e parlava in nome di Dio. Operò meraviglie in morte, cioè prossimo a morire, predicendo al Re Joas le sue vittorie contro la Siria, e profetando nella freccia che il Re tirò fuori la finestra, a levante, ed in quella con la quale percosse tre volte la terra. Anche dopo morte il suo corpo profetò, cioè compì un miracolo, risuscitando un morto gettato nella sua sepoltura appena il cadavere toccò le sue ossa (IV Re, XIII). Operò meraviglie, ma il popolo ingrato non si convertì, e le dieci tribù d’ Israele furono condotte in ischiavitù, rimanendo pochissima gente nella patria, cioè le tribù di Giuda e di Beniamino col loro Re. Nel regno di Giuda alcuni Re fecero ciò che piaceva a Dio, come Giosafat, Ezechia e Giosia, ed altri invece commisero molti peccati, come Acaz, Manasse e Geconia. La potenza dei Profeti, per conseguenza, non era tale da forzare la libertà, ma rappresentava solo un richiamo forte della divina misericordia.
Ezechia, Re di Giuda, si distinse per una grande pietà ed un grande zelo per l’onore di Dio; restaurò il Tempio e rimise in vigore tutte le pratiche del culto, e nello stesso tempo premunì Gerusalemme contro Sennacherib, dotandola di acque, restaurandone le mura e deviando o nascondendo le acque esterne alla città, affinché il nemico non se ne fosse giovato (II Parai. XXIX, XXX, XXXI, XXXII). Nel tempo della tribolazione provocata da Sennacherib, e quando il popolo gemeva come donna partoriente, non si sgomentò; aiutato dal santo Profeta Isaia, spinse il popolo alla preghiera ed alla penitenza, e mise in rotta il nemico con l'aiuto dell’Angelo di Dio che ne sterminò l’esercito (II Parai. XXXII). Cadde infermo e temette di morire, ma confidò in Dio, il quale per mezzo del Profeta Isaia gli annunziò la guarigione, e gliene diede come segno il retrocedere dell’ombra solare sul quadrante di Acaz(Isaia XXXVIII, 12). Isaia fu illuminato straordinariamente da Dio, e vide gli ultimi tempi, cioè i tempi del Messia ; consolò i piangenti di Sion, rianimandoli contro le minacce di Sennacherib, predicendo il ritorno dalla schiavitù di Babilonia, e sopra tutto annunziando il regno del Redentore, unica aspirazione del popolo di Dio.
Abbiamo dunque quattro manifestazioni di potenti attività, frutto della fede viva nel Signore: l'attività di Elia nella preghiera che tutto raggiunge; l’attività di Eliseo nella potenza che si oppone a tutto quello che non è retto e giusto, e che afferma i diritti di Dio; l'attività di Ezechia nella tutela del popolo e della santa città, ed infine l’attività d' Isaia che sostiene il Re nelle sue iniziative e conforta il popolo con le sue profezie. È come un programma nella vita della Fede: pregare, combattere, operare e guardare alla vita futura. Confidare in Dio solo, star saldi contro le insidie del mondo, operare il bene in vantaggio di tutti e vivere soprannaturalmente per Dio solo. Essere come un fuoco di amore ed una fiamma di zelo per Dio, non cedere alle lusinghe dei grandi, cooperare al bene comune con le opere della carità e col compimento del proprio dovere, e diffondere intorno a noi la luce ed il calore della nostra fede.
3. Figure del Redentore ed aurora del suo programma di vita.
Il Redentore fu l’unica aspirazione del popolo eletto, come si disse, ed. è l'unica meta della nostra vita soprannaturale che in Lui deve incentrarsi e da Lui dev'essere vivificata. Elia, Eliseo, Ezechia, Isaia lo figurano, e ne determinano i caratteri futuri che dovevano farlo risplendere in mezzo al suo popolo. Egli non è solo uomo, è il Dio Signore, Elia; è Dio che salva facendosi uomo, Eliseo; e sostenendo da forte la battaglia contro il demonio ed il peccato, Ezechia; è il Salvatore, la salvezza che il Signore ci ha dato, Isaia. Davide lo figurò come Re immortale, Salomone come Sapienza, Elia come glorificazione del Padre, Eliseo come vincitore della morte, Ezechia come capo della sua Chiesa militante, Isaia come aiuto e conforto della nostra infermità. Il suo cuore fu un incendio di amore, la sua parola fu fiamma ardente, il suo zelo lo consumò di fronte alle ingiurie che il Padre riceveva dagli uomini. Egli chiuse il cielo, ma solo per impedire che ne discendesse la giustizia sterminatrice, e lo aprì per farne discendere il fuoco vivificante dell’Eterno Amore ; Egli trasse dalla morte l’uomo, e precipitò nella rovina le potestà delle tenebre, spezzandone il triste dominio; Egli, dopo la sua vittoria, rovesciò anche i principati terreni, infermi e sconvolti, ed inaugurò in terra il regno glorioso della Chiesa nei principati cristiani. Egli unse gli Apostoli ed i Sacerdoti come suoi successori, e li mandò per il mondo come esecutori non di punizioni ma di misericordia; e dopo aver assegnato ai suoi cari la missione gloriosa dell'apostolato, salì al Cielo, per ritornare poi alla fine dei tempi, giudice di tutti, e supremo glorificatore del Padre innanzi a tutti.
Più che Eliseo, Gesù Cristo manifestò la sua potenza, imponendosi anche ai principi del suo popolo. Nessuna parola Lo vinse, perché anzi Egli confuse. le insidiose parole dei suoi nemici; nella sua vita fece prodigi operando miracoli, in morte operò meraviglie scuotendo la natura, morto il suo corpo, profetò risorgendo. Redense l'umanità, ma il suo popolo non si pentì del male fatte e per questo fu cacciato dal suo paese e disperso per il mondo.
Gesù Cristo fondò la Chiesa, riedificando così la città santa nel nuovo popolo eletto, ed in questa città condusse le acque della grazia, e le depositò nella roccia, nel Papato, roccia fondamentale della Chiesa e serbatoio mirabile di grazie. Egli aiutò ed aiuta la Chiesa nelle persecuzioni, accogliendo le preghiere ch'Essa incessantemente gli eleva, e suscitando in Lei i Santi, che portano la salvezza, incoraggiano al bene, predicono il futuro ed illustrano la verità. Egli aiuta sopra tutto il Capo della Chiesa, ed opera prodigi evidenti nel corso dei tempi per sostenerne le forze.
Il programma della vita di fede, a cui si è accennato, è il programma della novella vita che Gesù Cristo è venuto a dare al mondo, poiché i! Cristiano è un combattente che vince pregando, e combatte aspirando al Paradiso; è un combattente che non teme quelli che seguono la via del male, ma va loro innanzi trionfando; cerca Dio sopra tutte le cose e ne propaga la gloria, lo ama e per suo amore ama anche il prossimo; si può dire che veramente per un cristiano il sole torna indietro sul suo quadrante, perché per lui il tempo non passa ma diventa tesoro eterno, salvezza immortale, giorno che non conosce tramonto.
O dolcissimo Gesù, o Rendentore nostro, Tu sei la vita di questo programma di amore che culmina nell'eterna felicità. Tu sei fuoco che arde perché ci ami col tuo Cuore infinito, e la tua parola è fiamma che accende il nostro cuore di amore. Tu permetti che venga contro di noi la fame, perché nulla ci sazia fuori di Te, e rendi insodisfatta la nostra vita presente, perché cerchiamo Te solo ed in Te solo riposiamo. Tu ci flagelli perché vuoi che siamo di Dio e ci soccorri miracolosamente in tanti pericoli perché vuoi che confidiamo in Te. Tu ci trai dai domini della morte ridonandoci la grazia con la dolce parola del perdono, e ci sottrai al dominio del re delle tenebre con la tua misericordia. Donaci il cuore di Elia, cuore di fuoco, perché ti amiamo veramente, donaci anzi il tuo Cuore, perché viviamo dei suoi palpiti, e siamo veramente tue membra vive. Riversa in noi il tuo spirito, perché siamo cristiani di fatto, e donaci coraggio nei professare la nostra fede, perché non temiamo neppure dei principi, e non ci vinca mai la stolta parola del mondo. Non permettere che la nostra infedeltà ci disperda lontano dalla Chiesa, nostra vera patria, e che si assottigli il numero dei veri cristiani.
Fortifica l’anima nostra, inondala di grazie, stendi la mano contro i suoi nemici, ascolta le suppliche nostre, non ti ricordare dei nostri peccati, non ci abbandonare ai nostri nemici, salvaci eternamente. Tu solo puoi consolare noi, piangenti di Sion, annunziandoci la gloria futura. Tu solo puoi sottrarci all’affanno del nostro pellegrinaggio facendoci valorizzare il nostro tempo con le opere sante, frutto della tua grazia, Tu solo puoi illuminarci perché sei verità, puoi guidarci perché sei via, puoi alimentarci perché sei vita: sii dunque Tu il nostro unico amore, e l’anima nostra viva di Te, di Te solo, o Gesù buono.
Sac. Dolindo Ruotolo

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