2. Fede
attiva ed operativa negli esempi di Elia, di Eliseo, di Ezechia e
d’Isaia.
La
Fede vera non solo è conoscenza di Dio attraverso la rivelazione, ma
è anche amore, perché la conoscenza porta l'apprezzamento, e
l’apprezzamento l’amore. Chi crede veramente in Dio e lo ama,
arde anche di zelo per la sua gloria e cerca diffonderne il regno
nelle anime. La vera Fede, come la vera pietà, è sempre apostolica;
non può limitarsi solo a pratiche di devozione, ma tende a dilatarsi
dovunque, come una radice che si dirama in ogni parte del suolo per
produrre nuovi germogli.
Il
Sacro Autore, perciò, dopo aver mostrato in Davide il frutto più
bello della fede, cioè il regno che culmina nel regno eterno del
Redentore, mostra in quattro esempi come dev’essere attiva la fede,
e preannunzia in sintesi profetica il Redentore nella sua mirabile e
divina attività, fondamento e vita di qualunque attività apostolica
della Chiesa.
Comincia
da Elia, che amò Dio di tanto amore e bruciò di tanto zelo per la
sua gloria in mezzo al popolo prevaricatore, da sembrare un fuoco
ardente per il suo fervore e la sua parola. Egli fece venire contro i
perversi la fame, supplicando Dio a non far piovere sulla terra dove
si profanava il suo nome (111 Re XVII; Oiac., V, 17). Chiuse il cielo
con la sua preghiera, e con la preghiera implorò che si aprisse tre
volte per mandare fuoco, due volte sui cinquanta soldati mandati da
Acab per catturarlo (IV Re, 3), ed una volta sull’ olocausto da lui
offerto sul Carmelo, per mostrare che Dio era il vero ed unico Dio
(III Re, XVII). Egli trasse ancora dal sepolcro il figlio della
vedova di Sarepta, pregando ed abbassandosi tre volte sul cadavere
del fanciullo (III Re, XVII), e precipitò i Re nella rovina
invocando la punizione delle loro scelleratezze, e predicendo la
rovina di Acab, di Gezabele, di Ocozia, di Joram fratello di Ocozia,
e di Joram figlio di Giosafat, Re di Giuda (III Re, XXI, 22-23; IV Re
I, 16-17; IX, 12-14; II Parai. XXI, 12-15 ecc.). Egli ne spezzò la
potenza infrangendola col suo coraggio e con la sua preghiera, e dal
letto dov’ erano infermi, rovesciò nella tomba Ocozia, Re
d’Israele (IV Re, I, 16-17), e Joram, figlio di Giosafat, (II
Parai. XXI, 15) minacciando e presagendo la morte, al primo per aver
consultato l’idolo Beelzebub, ed al secondo per i suoi misfatti.
Fuggendo l'ira di Gezabele attraversò il deserto, e fortificato dal
pane e dall’acqua apprestatagli dall’Angelo, giunse al monte
Oreb, eh' è parte del Sina, ecl ascoltò la voce di Dio che fulminò
castighi contro i perversi, e gl’ ingiunse di ungere Re Jeu ed
Azael, come strumenti di punizione contro le scelleratezze di Acab e
d’Israele, e di ungere come suo successore il Profeta Eliseo, suo
discepolo, e molti altri che formavano la sua comunità (III Re,
XIX).
Ecco
un esempio magnifico di fede attiva, tanto forte da incutere timore
ai tiranni, tanto viva da aprire e chiudere il cielo, tanto efficace
da operare cose mirabili con la sola forza della preghiera e della
fiducia in Dio, tanto accesa di amore da non poter essere spezzata
neppure dalla morte. Elia desiderò sopra tutte le cose la gloria di
Dio, soffrì nel vederla manomessa, arse di zelo nella brama di
ristabilirla, si preoccupò degli effetti futuri della prevaricazione
d'Israele i cui peccati lo rendevano indegno della divina promessa,
ed il Signore, eh' è fedele, non volle rendere vani tanti sforzi di
zelo che superavano le barriere del tempo ; a quel cuore non bastava
sgominare i nemici di Dio a lui contemporanei, a quello sguardo
profetico non sfuggivano i prevaricatori scellerati degli ultimi
tempi, ed il Signore non lo fece morire, ma lo rapì in cielo su di
un carro di fuoco, serbando a lui la gloria di placare V ira di Dio
sconfiggendo l’anticristo, e la consolazione di vedere il popolo
suo ritornare al Signore, riconciliato con Lui, e ricostituito come
popolo fedele di Giacobbe.
Di
fronte a questa prospettiva di gloriosa attività, l’unica che
poteva saziare quell'anima accesa di fede, il Sacro Autore ha
un’esclamazione di profonda venerazione per il Profeta, e chiama
beati quelli che lo videro e che si onorarono della sua amicizia,
quando egli era ancora in terra. Il Sacro Autore poi è stupito della
sopravvivenza del Profeta, perché noi abbiamo solo la vita,
ristretta nel tempo ai pochi anni assegnatici da Dio, mentre egli
ebbe una vita prolungata fino agli ultimi tempi.
Ad
Elia successe Eliseo, che ne ereditò lo spirito (IV Re, II, 15) e si
distinse per un grande coraggio al cospetto dei potenti, come, per
es., di fronte a Joram, Re d’Israele (IV Re, III, 14). Non temette
di alcun principe perché amò e temette Dio sopra tutte le cose, e
nessuno lo vinse con la potenza e con la parola, perché egli operava
prodigi e parlava in nome di Dio. Operò meraviglie in morte, cioè
prossimo a morire, predicendo al Re Joas le sue vittorie contro la
Siria, e profetando nella freccia che il Re tirò fuori la finestra,
a levante, ed in quella con la quale percosse tre volte la terra.
Anche dopo morte il suo corpo profetò, cioè compì un miracolo,
risuscitando un morto gettato nella sua sepoltura appena il cadavere
toccò le sue ossa (IV Re, XIII). Operò meraviglie, ma il popolo
ingrato non si convertì, e le dieci tribù d’ Israele furono
condotte in ischiavitù, rimanendo pochissima gente nella patria,
cioè le tribù di Giuda e di Beniamino col loro Re. Nel regno di
Giuda alcuni Re fecero ciò che piaceva a Dio, come Giosafat, Ezechia
e Giosia, ed altri invece commisero molti peccati, come Acaz, Manasse
e Geconia. La potenza dei Profeti, per conseguenza, non era tale da
forzare la libertà, ma rappresentava solo un richiamo forte della
divina misericordia.
Ezechia,
Re di Giuda, si distinse per una grande pietà ed un grande zelo per
l’onore di Dio; restaurò il Tempio e rimise in vigore tutte le
pratiche del culto, e nello stesso tempo premunì Gerusalemme contro
Sennacherib, dotandola di acque, restaurandone le mura e deviando o
nascondendo le acque esterne alla città, affinché il nemico non se
ne fosse giovato (II Parai. XXIX, XXX, XXXI, XXXII). Nel tempo della
tribolazione provocata da Sennacherib, e quando il popolo gemeva come
donna partoriente, non si sgomentò; aiutato dal santo Profeta Isaia,
spinse il popolo alla preghiera ed alla penitenza, e mise in rotta il
nemico con l'aiuto dell’Angelo di Dio che ne sterminò l’esercito
(II Parai. XXXII). Cadde infermo e temette di morire, ma confidò in
Dio, il quale per mezzo del Profeta Isaia gli annunziò la
guarigione, e gliene diede come segno il retrocedere dell’ombra
solare sul quadrante di Acaz(Isaia XXXVIII, 12). Isaia fu illuminato
straordinariamente da Dio, e vide gli ultimi tempi, cioè i tempi del
Messia ; consolò i piangenti di Sion, rianimandoli contro le minacce
di Sennacherib, predicendo il ritorno dalla schiavitù di Babilonia,
e sopra tutto annunziando il regno del Redentore, unica aspirazione
del popolo di Dio.
Abbiamo
dunque quattro manifestazioni di potenti attività, frutto della fede
viva nel Signore: l'attività di Elia nella preghiera che tutto
raggiunge; l’attività di Eliseo nella potenza che si oppone a
tutto quello che non è retto e giusto, e che afferma i diritti di
Dio; l'attività di Ezechia nella tutela del popolo e della santa
città, ed infine l’attività d' Isaia che sostiene il Re nelle sue
iniziative e conforta il popolo con le sue profezie. È come un
programma nella vita della Fede: pregare, combattere, operare e
guardare alla vita futura. Confidare in Dio solo, star saldi contro
le insidie del mondo, operare il bene in vantaggio di tutti e vivere
soprannaturalmente per Dio solo. Essere come un fuoco di amore ed una
fiamma di zelo per Dio, non cedere alle lusinghe dei grandi,
cooperare al bene comune con le opere della carità e col compimento
del proprio dovere, e diffondere intorno a noi la luce ed il calore
della nostra fede.
3. Figure
del Redentore ed aurora del suo programma di vita.
Il
Redentore fu l’unica aspirazione del popolo eletto, come si disse,
ed. è l'unica meta della nostra vita soprannaturale che in Lui deve
incentrarsi e da Lui dev'essere vivificata. Elia, Eliseo, Ezechia,
Isaia lo figurano, e ne determinano i caratteri futuri che dovevano
farlo risplendere in mezzo al suo popolo. Egli non è solo uomo, è
il Dio Signore, Elia; è Dio che salva facendosi uomo, Eliseo; e
sostenendo da forte la battaglia contro il demonio ed il peccato,
Ezechia; è il Salvatore, la salvezza che il Signore ci ha dato,
Isaia. Davide lo figurò come Re immortale, Salomone come Sapienza,
Elia come glorificazione del Padre, Eliseo come vincitore della
morte, Ezechia come capo della sua Chiesa militante, Isaia come aiuto
e conforto della nostra infermità. Il suo cuore fu un incendio di
amore, la sua parola fu fiamma ardente, il suo zelo lo consumò di
fronte alle ingiurie che il Padre riceveva dagli uomini. Egli chiuse
il cielo, ma solo per impedire che ne discendesse la giustizia
sterminatrice, e lo aprì per farne discendere il fuoco vivificante
dell’Eterno Amore ; Egli trasse dalla morte l’uomo, e precipitò
nella rovina le potestà delle tenebre, spezzandone il triste
dominio; Egli, dopo la sua vittoria, rovesciò anche i principati
terreni, infermi e sconvolti, ed inaugurò in terra il regno glorioso
della Chiesa nei principati cristiani. Egli unse gli Apostoli ed i
Sacerdoti come suoi successori, e li mandò per il mondo come
esecutori non di punizioni ma di misericordia; e dopo aver assegnato
ai suoi cari la missione gloriosa dell'apostolato, salì al Cielo,
per ritornare poi alla fine dei tempi, giudice di tutti, e supremo
glorificatore del Padre innanzi a tutti.
Più
che Eliseo, Gesù Cristo manifestò la sua potenza, imponendosi anche
ai principi del suo popolo. Nessuna parola Lo vinse, perché anzi
Egli confuse. le insidiose parole dei suoi nemici; nella sua vita
fece prodigi operando miracoli, in morte operò meraviglie scuotendo
la natura, morto il suo corpo, profetò risorgendo. Redense
l'umanità, ma il suo popolo non si pentì del male fatte e per
questo fu cacciato dal suo paese e disperso per il mondo.
Gesù
Cristo fondò la Chiesa, riedificando così la città santa nel nuovo
popolo eletto, ed in questa città condusse le acque della grazia, e
le depositò nella roccia, nel Papato, roccia fondamentale della
Chiesa e serbatoio mirabile di grazie. Egli aiutò ed aiuta la Chiesa
nelle persecuzioni, accogliendo le preghiere ch'Essa
incessantemente gli eleva, e suscitando in Lei i Santi, che portano
la salvezza, incoraggiano al bene, predicono il futuro ed illustrano
la verità. Egli aiuta sopra tutto il Capo della Chiesa, ed opera
prodigi evidenti nel corso dei tempi per sostenerne le forze.
Il
programma della vita di fede, a cui si è accennato, è il programma
della novella vita che Gesù Cristo è venuto a dare al mondo, poiché
i! Cristiano è un combattente che vince pregando, e combatte
aspirando al Paradiso; è un combattente che non teme quelli che
seguono la via del male, ma va loro innanzi trionfando; cerca Dio
sopra tutte le cose e ne propaga la gloria, lo ama e per suo amore
ama anche il prossimo; si può dire che veramente per un cristiano il
sole torna indietro sul suo quadrante, perché per lui il tempo non
passa ma diventa tesoro eterno, salvezza immortale, giorno che non
conosce tramonto.
O
dolcissimo Gesù, o Rendentore nostro, Tu sei la vita di questo
programma di amore che culmina nell'eterna felicità. Tu sei fuoco
che arde perché ci ami col tuo Cuore infinito, e la tua parola è
fiamma che accende il nostro cuore di amore. Tu permetti che venga
contro di noi la fame, perché nulla ci sazia fuori di Te, e rendi
insodisfatta la nostra vita presente, perché cerchiamo Te solo ed in
Te solo riposiamo.
Tu ci flagelli perché vuoi che siamo di Dio e ci soccorri
miracolosamente in tanti pericoli perché vuoi che confidiamo in Te.
Tu ci trai dai domini della morte ridonandoci la grazia con la dolce
parola del perdono, e ci sottrai al dominio del re delle tenebre con
la tua misericordia. Donaci il cuore di Elia, cuore di fuoco, perché
ti amiamo veramente, donaci anzi il tuo Cuore, perché viviamo dei
suoi palpiti, e siamo veramente tue membra vive. Riversa in noi il
tuo spirito, perché siamo cristiani di fatto, e donaci coraggio nei
professare la nostra fede, perché non temiamo neppure dei principi,
e non ci vinca mai la stolta parola del mondo. Non permettere che la
nostra infedeltà ci disperda lontano dalla Chiesa, nostra vera
patria, e che si assottigli il numero dei veri cristiani.
Fortifica
l’anima nostra, inondala di grazie, stendi la mano contro i suoi
nemici, ascolta le suppliche nostre, non ti ricordare dei nostri
peccati, non ci abbandonare ai nostri nemici, salvaci eternamente. Tu
solo puoi consolare noi, piangenti di Sion, annunziandoci la gloria
futura. Tu solo puoi sottrarci all’affanno del nostro
pellegrinaggio facendoci valorizzare il nostro tempo con le opere
sante, frutto della tua grazia, Tu solo puoi illuminarci perché sei
verità, puoi guidarci perché sei via, puoi alimentarci perché sei
vita: sii dunque Tu il nostro unico amore, e l’anima nostra viva di
Te, di Te solo, o Gesù buono.
Sac. Dolindo Ruotolo
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