venerdì 13 giugno 2014

13.06.2014 - Commento al primo libro dei Re cap. 19, par. 4

4. La visione di Dio all’Oreb.
Giunto che fu al monte Oreb, Elia si ricoverò in una spelonca attendendo che il Signore gli avesse manifestata la sua volontà. Su quel monte che risvegliava in lui tanti ricordi meravigliosi del passato, il suo cuore ardeva maggiormente di zelo per la gloria di Dio e si angosciava per la desolazione nella quale si trovava il popolo. Il cibo di vita che aveva preso nel deserto, lo aveva fortificato anche spiritualmente, ed aveva prodotto in ombra il frutto che il Pane Eucaristico fa germinare e maturare abbondantemente nei cuori che ne vivono : V ardore per la gloria di Dio.
Si rammaricava di essere cercato a morte, non per timore questa volta, giacché era lontano dal pericolo, ma perché quella minaccia era indice per lui dello stato deplorevole del popolo di Dio. Ardeva di zelo ed il Signore non lo deluse ; gli mandò prima un Angelo per parlargli e poi Egli stesso volle conversare con lui, apparendogli probabilmente sotto le forme umane del Verbo Incarnato. Dal contesto è chiarissimo che gli parlò prima un Angelo a nome del Signore, e gli domandò che cosa facesse in quel luogo, per predisporlo alla visione di Dio. Elia rispose eh’ egli ardeva di zelo per il Signore Dio degli eserciti, perché i figli d' Israele avevano abbandonato il patto dell’alleanza, avevano distrutto gli altari, avevano ucciso i profeti, ed era rimasto egli solo , cercato a morte dalla Regina. La risposta di Elia era in fondo un appello al Signore perché pensasse Lui a riparare quello sfacelo.
Dio guarda tutti i secoli, e quando risponde ad una creatura, la sua parola ha un senso più vasto. Lo stato deplorevole d' Israele era in quel momento la sintesi dello stato di tutto il mondo, ed il Signore rispondendo ad Elia gli diceva quale doveva essere il rimedio vero ai mali del mondo : doveva venire il Signore medesimo sulla terra; dopo un periodo di ulteriori mali e sconvolgi
menti, doveva venire in un'aura leggera, in una grande pace, per riparare Egli stesso i mali del mondo. Elia si era lamentato che il popolo avesse rotto il patto, demoliti gli altari ed uccisi i Profeti; ed il Verbo Umanato avrebbe restaurato il patto con la nuova alleanza, avrebbe edificato l’altare meraviglioso del Calvario, avrebbe dato al mondo i nuovi Profeti negli Apostoli.
Il Signore non si contentò di annunziare ad Elia la Redenzione, volle mostrargli il Redentore; e poiché egli aveva implicitamente invocato da Dio una manifestazione di forza, il Signore prima di rivelarsi a lui, operò tre prodigi terribili, che mostrarono la sua potenza. Col suo delicatissimo modo di operare, volle dire al suo servo che non avrebbe salvato il mondo nel fragore delle manifestazioni terribili, ma nell’umiltà e nella pace, e perciò non si fece scorgere nella potenza dei fenomeni che si produssero. D’altra parte Egli voleva predisporre il suo servo nell’ umiltà del cuore alla manifestazione divina, e quei fenomeni, come altra volta l'ardore del Sinai per Mosè e per il popolo, erano atti a produrgli nell’anima un salutare timore che gli doveva facilitare l'umiltà.
All'invito dell'Angelo, Elia uscì fuori dalla caverna, ma rimase vicino all'ingresso; sentiva nell'atmosfera un'aura di mistero e temeva. Ecco un vento impetuoso, ciclonico, formidabile, si levò sul monte e lo scosse, frantumando le pietre e gettandole lontano come fuscelli. Elia si sentì piccolo piccolo, implorò misericordia, capì che non doveva invocare la giustizia ma la bontà di Dio, e pregò perché la pietà del Signore si fosse manifestata. Spontaneamente dovette rientrare nella caverna e mentre stava rannicchiato in un angolo, la terra si scosse, tremò il monte, e la spelonca sembrò volesse crollare e schiacciarlo. Istintivamente Elia dovette uscire dalla caverna, ed ecco un fuoco formidabile avvolgeva tutto il monte e pareva volesse divorarlo. Elia si ricacciò nella spelonca, ma ecco una gran pace, un’aura leggera leggera che lo riempiva d’ineffabile dolcezza, un' aura di mistero soave che lo fece uscire fuori.
Elia, sentendosi carezzare da quel vento, capì che era il Signore ; per rispetto si coprì il capo col mantello e non lo vide, ma ne ascoltò la voce che lo interrogava con le medesime parole dell’Angelo. Elia diede la stessa risposta che aveva dato prima lamentandosi col Signore dello stato del popolo. Aveva riacquistata la calma, gli era passato il timore cagionatogli dai fenomeni straordinari, e tornava a domandare implicitamente un intervento di potenza. Il Signore allora gli manifestò come avrebbe punito il popolo infedele, e gli ordinò di ungere, cioè di designare come Re della Siria Azael, come Re d'Israele Jeu, e come suo successore il Profeta Eliseo. La spada di Azael e di Jeu avrebbe punito il popolo infedele preparando con una riforma politica la riforma religiosa, ed Eliseo, con la spada della parola, avrebbe colpito il popolo, inducendolo a convertirsi. Per consolare il suo servo poi, Dio gli disse che si sarebbe riserbati sette mila uomini fedeli, che avrebbero mantenuto intatto il deposito della Fede e che nonostante le persecuzioni avrebbero conservato in Israele il culto e la Religione.
Il mistero dell'Oreb era stato sublime ; i tre fenomeni di potenza, il vento, il terremoto, ed il fuoco, erano stati un' immagine della potenza di Dio uno e trino, che non poteva avvicinarsi all’uomo per l’infinita distanza che v' era fra la creatura ed il Creatore. L’ aura leggera era stata immagine di Maria SS. e della SS. Umanità del Verbo ; nella Vergine Immacolata e nella carne mortale sarebbe venuto il Signore. I tre fenomeni erano stati dunque terribili, perché Dio voleva dimostrare che se si fosse avvicinato all'uomo senza l'aura leggera, gli sarebbe stato di terrore. Del resto quelle manifestazioni di potenza erano tanto diverse da un cataclisma, erano piene di pace, come tutte le manifestazioni divine che appariscono tremende solo a chi non ne vive; erano l'esultanza della creazione ’ innanzi al Signore che si avvicinava; era l’estremamente mosso, il vento, che esultava innanzi all’infinita e placida immobilità divina; era la terra che danzava, per così dire, innanzi all’eterna ed infinita Sapienza; era il fuoco che erompeva dal monte davanti ai riflessi dell'Eterno Amore. Innanzi al proprio padrone le belve addomesticate non sanno manifestare la gioia che urlando, scotendosi, scodizolando, fremendo; così faceva la terra innanzi a Dio in quel momento.
Il vento, il terremoto ed il fuoco, furono tre fenomeni congiunti come una triade,' che potrebbero farci intendere la sempre discussa e mai definita natura dei terremoti e del fuoco che li accompagna. Il vento infatti può produrre il vuoto improvviso che solleva e scuote la terra e fa erompere il fuoco. Questo fenomeno importantissimo è stato studiato la prima volta nella transvolata atlantica del 1931 fatta dagl’idroplani italiani. Gli apparecchi si trovarono preda di una tempesta di vento verso le isole Baleari; in quella tempesta si produceva questo fenomeno: improvvisamente si formava il vuoto nell'aria, e l’idroplano cadeva da un'altezza di dieci metri e più, come se s’inabissasse. Quel vuoto pneumatico durava un momento solo ed era ristretto ad una limitatissima zona. Ma quando il vento è tale da produrre un vuoto più grande, per un tempo più lungo, annulla la pressione atmosferica sulla terra, e questa naturalmente si scuote per le interne pressioni, mandando fuori dai vulcani o dai punti più deboli della ‘crosta terrestre i vapori ed il fuoco. Certo è un fatto che il terremoto è preceduto sempre dal vento ed è seguito spessissimo da eruzioni di fuoco o di vapori.
Elia aveva domandato a Dio indirettamente la punizione salutare del popolo infedele, ed il Signore rispose alle sue suppliche ordinandogli di consacrare lui stesso quelli che dovevano punire o richiamare Israele al retto sentiero : Azael, Jeu ed Eliseo. Era una disposizione di giustizia e di misericordia, giacché alla spada dei due Re si univa la pietà e la parola ispirata di Eliseo. Eppure la visione di Dio era immensamente più vasta, poiché in quei tre strumenti di giusta punizione si raccoglieva la figura della rinnovazione della terra : il peccato sarebbe stato incalzato e vinto dal Redentore, vero Azael, che vede Dio, per la sua vita umana ipo- staticamente unita alla Persona divina; vero Jeu, che esiste, perché Dio infinito, esistente da sé; vero Eliseo, Dio che salva, perché Salvatore del genere umano.
Come Dio si era fatto sentire con tre fenomeni di spavento: il vento, il terremoto ed il fuoco, così annunzia il Redentore con tre personaggi, eletti per castigare il popolo. Sotto le ombre fosche si celava il suo volto pieno di dolcezza ineffabile, che per delicato riserba verso l’animo esacerbato del Profeta si mostrava severo. La scena che si era svolta, nella parte terribile, era diretta a dare ad Elia, sentimenti di misericordia, poiché nello spavento egli implorò la divina bontà; nell'annunzio del futuro castigo era diretta a dare soddisfazione all'animo fiero ed addolorato del Profeta naturalmente inclinato al rigore ed alla severità. Se il Signore gli avesse parlato esplicitamente della futura misericordia, avrebbe urtato quel sentimento di fierezza e di disgusto che il Profeta aveva per suo amore, e lo avrebbe contrariato. Così un vassallo, pieno di ardore contro i nemici del suo sovrano, si sentirebbe contrariato se alle sue recriminazioni il Re rispondesse con un atto di bontà e di perdono verso coloro che egli accusa e che vuole far punire. Nella sua infinita delicatezza Dio volle consolare il servo suo, e poiché si era anche lamentato di essere rimasto solo a difendere la divina gloria, gli diede un compagno ed un successore in Eliseo. Come si vede non c'è una manifestazione di Dio nella quale non si mostri il suo infinito amore e la sua ineffabile bontà.
Elia andò subito a rintracciare Eliseo e lo trovò che arava nel campo con dodici paia di buoi, guidando egli stesso un aratro con due buoi. Per chiamarlo, e per dargli un segno della sua vocazione, gli gettò addosso il proprio mantello, quasi per rivestirlo dell'abito religioso. Era quello il mantello usato dai Profeti, ed Eliseo capì subito il gesto di Elia, abbandonò i buoi, e gli corse appresso. Gli domandò solo in grazia di licenziarsi dai suoi genitori e poiché l’aratro che egli guidava non gli serviva più, ne scannò i buoi e con le legna del medesimo aratro li fece cuocere dando un banchetto di addio agli amici.
Elia trovò dodici uomini che aravano nel campo, e ne chiamò uno solo ; il Redentore ne chiamò dodici e di questi uno solo si perdette. Le proporzioni s’invertirono nella legge di grazia, perché la misericordia fu esuberante. Gesù Cristo chiamò gli Apostoli con una parola, ed essi, a somiglianza di Eliseo, lasciato tutto lo seguirono ; Eliseo aveva dato così per primo l’esempio della prontezza con la quale bisognava rispondere alla chiamata di Dio. Eliseo si licenziò dai suoi e fece un banchetto di addio agli amici; Elia glielo permise, ma lo avvisò che egli aveva compiuto a suo riguardo la missione avuta da Dio e che ora toccava a lui corrispondere. Gesù Cristo non permise nei suoi Apostoli tentennamenti, li chiamò assolutamente, e non volle nemmeno concedere ad un giovane che voleva farsi suo discepolo di andare a seppellire suo padre, perché la legge che Egli predicava era legge di perfezione più grande.
Sac. Dolindo Ruotolo

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