mercoledì 18 giugno 2014

18.06.2014 - Commento al secondo libro dei Re cap. 2, par. 2-4

2. Perché Elia fu rapito da Dio. il mistero della visione di Eliseo e la nostra preghiera.
Il Signore aveva rivelato ad Elia che voleva rapirlo a Sé, non per farlo morire, ma per riserbarlo alla fine dei tempi per l'ultima lotta contro l’uomo del peccato. Egli aveva tanto desiderato di ristabilire la gloria di Dio in Israele, ma salvo poche azioni forti e coraggiose, era stato costretto a vivere appartato dal mondo nella solitudine; il Signore che è fedele e non disinganna mai i suoi servi, non volle rendere vani gli ardenti desideri di Elia, e lo esaudì negli slanci del suo cuore, assai più di quello che egli avesse potuto supporre, dandogli la missione di combattere con l'anticristo, cioè con la potenza più tenebrosa che si leverà nel mondo contro la gloria di Dio. Per dargli questa missione il Signore doveva conservarlo in vita, giacché se fosse morto, sarebbe finito il suo terreno pellegrinaggio e non sarebbe stato capace di combattere meritando; la divina bontà perciò lo rapì a Sé celandolo in un luogo sconosciuto al mondo, perché non volle eh' egli fosse rimasto sulla terra nella penosa condizione degli altri uomini. Questo non è una fantasia, ma risponde al Testo Scritturale ed alla tradizione della Chiesa.
Avendo conosciuto che doveva appartarsi dal consorzio umano, Elia volle andare nelle varie città dove vi erano le scuole dei Profeti, per licenziarsi da loro. Non avrebbe voluto far conoscere ad Eliseo, suo affezionato discepolo, eh' era venuto il tempo di separarsi, e però lo pregò di fermarsi ; ma Eliseo giurò in una maniera solenne, che non lo avrebbe giammai lasciato. Giunsero così insieme a Betel. In questo luogo Geroboamo aveva innalzato i vitelli d'oro, e ciò nonostante vi era una fiorente scuola di Profeti. Il Signore pensava così a conservare la vera Religione nel suo popolo ; in tempi tanto calamitosi si moltiplicarono queste scuole che erano vere comunità religiose, e nel desolato regno d’Israele fiorirono i due più grandi Profeti, Elia ed Eliseo. Anche nella Chiesa il Signore ha moltiplicato le istituzioni monastiche proprio quando è stata più aspra la lotta contro di lei, e più grave il pericolo di veder perduta la Fede nel popolo.
Appena si seppe della venuta di Elia e di Eliseo in Betel, i figli dei Profeti, cioè i loro discepoli, uscirono incontro ad Eliseo; avevano anch'essi saputo che Elia sarebbe stato rapito dal Signore, e glielo avvertirono perché si fosse preparato al distacco. Eliseo disse che già lo sapeva ed impose loro silenzio, perché il solo pensarlo gli faceva troppa pena. (1)
Per una seconda volta Elia avrebbe voluto separarsi da Eliseo a Betel, ma il fedele discepolo giurò novellamente di volerlo seguire. Lo accompagnò in tal modo a Gerico, ed in quella città i discepoli dei Profeti gli annunziarono con le stesse parole che doveva separarsi dal suo padrone. Ancora una volta Elia avrebbe voluto lasciare Eliseo, e gli disse di rimanere a Gerico; ma egli rinnovò il suo giuramento e lo seguì, avviandosi con lui al Giordano. Cinquanta uomini della Comunità di Gerico, sapendo che Elia non doveva' visitare altre scuole di Profeti, lo seguirono e si fermarono di lontano nella speranza di assistere al rapimento di lui.
Elia, giunto con Eliseo sulle rive del fiume, arrotolò il suo mantello quasi facendone un bastone, e percosse le acque, le quali subito si divisero, lasciando libero il passaggio. Con questo miracolo grandioso passò all'altra riva col suo discepolo, e fermatosi, gli domandò che cosa voleva da lui prima di separarsi. Eliseo, secondo il Testo originale, gli domandò il doppio del suo spirito, cioè il doppio dei doni eh’ egli aveva ricevuti da Dio , e gli fece questa domanda, non per desiderio di ostentare una maggiore potenza, ma per la gloria di Dio. Elia rispose che aveva domandato una cosa difficile, giacché non dipendeva da lui il dargli i doni di grazia, ma dall’infinita liberalità di Dio; pur tuttavia si sentì ispirato a dirgli che se lo avesse veduto salire a Dio, avrebbe ottenuto quello che aveva domandato.
Quale relazione poteva esservi tra il vederlo salire al cielo ed il ricevere il suo spirito ? Elia era quasi trasumanato e vedeva un orizzonte più vasto nel futuro ; egli in quel misterioso rapimento figurava il Redentore nella sua gloriosa ascensione al Cielo. Come gli Apostoli ricevettero lo Spirito Santo poco dopo il distacco dal loro Maestro, così Eliseo guardando Elia completava questa figura profetica, e riceveva per conseguenza i doni del suo maestro che figuravano i doni del Paraclito mandato dal Redentore. Le figure della futura Redenzione non erano infatti sterili annunzi o sterili immagini, ma erano come i fiori primaticci che sbocciavano dai rami stecchiti dell'albero, anche nel crudo inverno, e lasciavano il profumo delle future grazie e le perle luccicanti della rugiada, condensata sul brullo terreno dai primi vapori delle nubi lontane, cariche di benedizioni e di grazie. Questa fecondità delle figure profetiche ci fa intendere che cosa immensamente grande è stata la Redenzione, e ci spiega ancora meglio perché la misericordia accompagna sempre quelle scene di terrore e di stragi, tante volte da noi meditate nel Sacro Testo, attraverso le quali si delineava la figura del Redentore.
Elia, salendo al cielo e rappresentando Gesù Cristo, diventava come un centro di effusione di grazie ; i doni ricevuti da Dio erano come petali di fiori che si staccavano e cadevano. Eliseo guardandolo rappresentava gli Apostoli, e riceveva come necessario completamento della figura profetica, le grazie di Elia, allo stesso modo che gli Apostoli ricevettero la benedizione di Gesù Cristo prima, e poi i doni dello Spirito Santo. Se Eliseo non l’avesse veduto salire non avrebbe più rappresentato gli Apostoli, e logicamente non avrebbe ricevuto niente. Oh, come tutto è logico e mirabilmente profondo nelle vie di Dio !
Ma v’è ancora un altro mistero in quell'espressione di Elia che a prima aspetto sembra poco men che insulsa. Egli infatti saliva al cielo per un miracolo strepitoso di Dio ; in quel momento il Signore veniva in un contatto più misericordioso con la terra, e veniva da gran Re con le mani piene di grazie. Vedere lo spettacolo divino significava per Eliseo parteciparvi indirettamente, significava completare la scena; il vederlo era già una prima grazia che gli avrebbe portato per logica conseguenza un aumento di fede, di speranza, di amore, e sopra tutto di umiltà : egli dunque sarebbe stato in condizioni più favorevoli ad una maggiore effusione di grazia.
Quando noi preghiamo , in fondo avviene lo stesso : noi vediamo prima, cioè crediamo; sentiamo in noi quel senso di certezza e di sicurezza che rende la preghiera più facile, più insistente, più viva. Non abbiamo il cuore chiuso negli orizzonti terreni, ma vediamo veramente con lo spirito un orizzonte più vasto e più placido benché sia indecifrabile, sentiamo una pace dolce e piena d'unzione che ci fa pregare senza distrazione, proprio come chi è fisso con lo sguardo interiore in qualche cosa che lo rapisce. Questo sguardo interno di fede, di speranza viva, di amore, di fiducia, di umiltà, è il segno più certo che la nostra preghiera sarà esaudita. È un fenomeno comunissimo nelle anime, e ciascuno può sperimentarlo. Chi va in un santuario per pregare vede nell'entrarvi prima una vaporosa e mistica scena che gli annunzia la grazia: è conquiso dal mistero del luogo, è pieno di tenerezza e di raccoglimento, è attratto dal volto dell'immagine di Maria o dei Santi; è concentrato nel Santo Tabernacolo Eucaristico, vive della fede degli altri, dimentica il mondo, si sente soavemente piccolo, ama di umiliarsi anche con gesti esterni, piange, si riempie di gaudio, sente la maternità di Maria, la dolcissima paternità di Dio, la bontà dei Santi che intercedono per lui; insomma sta proprio di fronte ad uno spettacolo di ascensioni e di rapimenti mistici che portano T anima al fuoco della misericordia, per così dire, e la rendono degna della grazia di Dio. Chi vede tutto questo vede il cielo aperto, vede l’anima propria che sale in un placido turbine di celeste fuoco, in un turbine di amore filiale e di confidenza ed ha la certezza interna di essere esaudito. Allora avvengono i miracoli perché l’anima senza accorgersene esce quasi fuori del mondo, penetra nel mondo soprannaturale portando con sé le miserie del suo corpo infermo, e in un momento è come avvolta, penetrata e rinnovata da una forza misteriosa che la consola e quasi novellamente la crea.
3. La scena grandiosa.
Elia aveva passato il fiume miracolosamente e si era avanzato all’altra sponda in un luogo di maggiore solitudine. Il mantello suo avvoltolato e contorto era stato lo strumento di quel miracolo perché pallidamente raffigurava l’umana spoglia del Redentore vessata dagli uomini, contorta dallo spasimo, vittoriosa delle acque del male, via e potenza per aprire a noi il passaggio alla vita eterna. Era bastato questo riflesso della futura Redenzione per dare anche al mantello di Elia una virtù prodigiosa. Misticamente poi il Profeta, che si spogliava del suo mantello e passava anche le acque a piede asciutto, figurava il passaggio misterioso delle anime votate alla povertà, attraverso le acque turbinose del mondo. Passato all’altra sponda, Elia andava innanzi al suo discepolo e camminando discorrevano insieme. È arduo intuire di che cosa potessero parlare, ma dall’esclamazione di Eliseo nel vedersi rapire il suo maestro, si può supporre che parlassero della rinnovazione d’Israele. Psicologicamente infatti Eliseo dovette entusiasmarsi nel sentir parlare della restaurazione presente e futura del popolo di Dio, dovette apprezzare di più la virtù del Profeta, le cui parole dovettero essere per lui una novella rivelazione del suo spirito e della sua santità. Anche a noi avviene spesso che trattando continuamente con un uomo di Dio, finiamo per considerarlo come uno qualunque ; ma in certi momenti più solenni, nei quali l'animo suo ci si rivela, noi ci sentiamo come svegliati da un sonno, ed apprezziamo di più il dono di Dio.
L'avere Eliseo esclamato: “O padre mio, o padre mio, carro d’Israele e suo condottiero,, rivela ch'egli in quel momento considerava Elia maggiormente come padre suo e come sostegno e rinnovazione d' Israele ; questo apprezzamento tanto vivo in un momento così grandioso ci fa supporre che il Profeta gli parlasse con maggior tenerezza paterna, e gli prospettasse la necessità della rinnovazione del popolo e della Redenzione.
Discorrendo insieme dei più profondi misteri della divina bontà, Elia aveva dovuto sentirsi il cuore infiammato di amore; era come fatto leggero da un'estasi, non viveva più in terra, era tratto a Dio. Il Signore rispose all’amore della sua creatura, che s' angustiava di vedere vilipeso l'onore divino, in un mondo scellerato e pieno di orrori, e volle trarlo da quella pena. Ecco, d'un tratto il cielo divenne acceso d'un misterioso fulgore ; cominciò a soffiare un vento impetuoso ma pieno di pace, perché non dava ansietà o paura. Una fiamma avvolse Elia e lo separò da Eliseo ; era una fiamma che sembrava un carro, perché Elia vi era assiso, una fiamma che si allungava davanti, in due lingue di fuoco che sembravano cavalli. Fu un attimo ! Nel turbine maestoso e sereno quella fiamma si levò in alto proprio come carro tirato da destrieri di fuoco. La figura di Elia era più bella nei riflessi dell'incombustibile fuoco ; egli aveva lo sguardo a Dio e le mani levate. Eliseo guardava e gridava : — O padre mio, o padre mio, carro d’Israele e suo condottiero. — L'aver raffigurato in quella fiamma un carro gli faceva chiamare il Profeta carro d'Israele ; non aveva altra parola sul labbro, perché era immensa l’impressione del suo cuore. Veloce come una saetta, Elia si dileguò e sparì nel turbine ; cessò il vento, cessò il fulgore, la terra sembrò più brutta, più pesante, più opprimente, il fiume sembrò più torbido; Eliseo si trovò abbandonato e solo, ebbe un senso di vertigine, si guardò intorno, scoppiò in pianto, e per la pena si lacerò le vesti.
È proprio dei discepoli fedeli che vivono nell’intimità di un maestro prediletto, il' ridiventare bambini, il perdere quasi la coscienza della loro personalità, il farsi guidare in ogni passo, il non sapersi più muovere senza quella compagnia, il diventare anche inceppati. Eliseo si trovò come smarrito, non sapeva che cosa fare e pensò di ripassare il Giordano per andarsene nella comunità dei Profeti di Gerico. Raccolse il mantello che nel turbine del vento era caduto ad Elia, quasi a testimoniare che il fuoco che lo aveva rapito non lo aveva bruciato, non era stato un fulmine o altro fenomeno naturale, e si avanzò verso la riva del fiume per passare all’altra sponda. Toccò le acque col mantello di Elia in un momento di scoraggiamento, quasi macchinalmente, quasi senza darsi conto di quello che faceva, ma le acque non si divisero. Egli allora gridò : “ Dove è anche adesso il Dio di Elia ? „
Era il grido tipico di un cuore angustiato ed era la manifestazione di uno stato psicologico subentrato nell'anima del Profeta. Noi infatti siamo colpiti dai fenomeni soprannaturali nel momento nel quale avvengono, perché portano con loro la luce dell’evidenza; subito dopo rientriamo nella nostra piccolezza, siamo assaliti dal dubbio e ricorriamo a tutte le possibili spiegazioni naturali. Trattandosi di un miracolo che aveva dato ad Eliseo un gran dolore, questi nel rientrare in sé, e nel considerarlo con i poverissimi lumi della ragione, Io riguardò subcoscientemente come una sventura grave, avvenuta in un momento nel quale, supponeva lui, il Signore non aveva più protetto il Profeta. Egli sapeva che il suo maestro gli doveva essere tolto, e forse aveva pensato ad un viaggio lontano. Per questo, quando vide la fiamma che lo rapì, credette che fosse un carro splendente ; ma dopo, rientrato nelle sue vedute comuni, riflettette che quel carro era una fiamma, che quei cavalli erano lingue di fuoco e per questo pensò che si trattasse di una sventura, di un fulmine che lo avesse colpito. Toccò dunque l'acqua con questi sentimenti di sfiducia e non operò il miracolo, perciò gridò angosciato: "Dov’è anche adesso il Dio di Elia?,, Questa stessa frase però, pronunziata in un momento di affanno, fece risuonare in lui l'amoroso rimprovero di Dio ; sentì in sé una luce di fede che lo scosse, e ritoccò l'acqua, ottenendo questa volta il miracolo. Amorosamente il Signore lo risvegliò alla Fede, e gli mostrò che Egli solo aveva tratto a Sé il suo servo. Eliseo dovette umiliarsi profondamente innanzi al novello miracolo ; aveva diffidato più per semplicità che per malizia, e si mise novellamente nelle mani di Dio.
4. II sopravvissuto ed il Vivente,
Elia rappresenta un grande mistero da qualunque lato lo si consideri, un mistero profetico, perché, come si è detto, egli è figura del Redentore che ascese in cielo sulle nubi. Egli rappresenta il Redentore ; il suo stesso nome, Elia, significa il Signore Dio, il Dio forte, poiché Gesù Cristo fu vero Dio e vinse la morte ed il peccato da forte. Elia fu perseguitato e si dovette nascondere, come fu poi perseguitato e cercato a morte il Redentore. Ebbe un discepolo, Eliseo, che significa Dio che salva, e lasciò a lui il suo spirito e la sua veste. Anche Gesù Cristo elesse gli Apostoli come continuatori della sua missione, come ministri dell'eterna salute delle anime, e lasciò ad essi il suo spirito e l'inconsutile sua veste nel- l’istituzione della Chiesa Cattolica. Elia da Gaigaia, la rivoluzione, passò a Betel, la casa di Dio, a Gerico, il suo odore, e finalmente al Giordano, il fiume del giudizio ; e Gesù Cristo dalla sua Passione, nella quale tutti gli si rivoltarono contro, passò al Padre nella morte, diffuse il suo profumo nella Chiesa, e verrà nel giorno del giudizio per giudicare tutte le generazioni.
Elia ascese al Cielo, disparve, eppure è ancora vivente; e Gesù Cristo ascese al Cielo e vive in terra nel SS. Sacramento dell’Altare. Elia riapparirà in terra alla fine dei tempi per combattere contro l’anticristo, ed il Redentore ritornerà visibilmente per condannare quelli che si sottrassero al suo regno e per premiare quelli che fedelmente lo servirono.
Elia arse di zelo per la gloria di Dio, abbattette l'altare dell'idolo, tolse di mezzo i falsi profeti, e Gesù Cristo non cercò che la gloria del Padre, abbattette l’idolatria e smascherò i Farisei ed i falsi profeti di tutti i secoli con la parola viva dell'eterna verità. Elia fu chiamato Tesbite, cioè che soggioga e converte, e Gesù Cristo è veramente colui che soggioga le anime con l'amore e le converte con la grazia che loro ha meritata. Infine Elia appare nella storia d'Israele senza che s'indichi chi fosse suo padre e sua madre, a somiglianza di Melchisedec, per indicare l'eterna generazione del Verbo.
Come si vede Elia è una luminosa figura profetica in qualsiasi momento della sua vita lo si consideri, anche nei miracoli che fece adombrò la potenza del Redentore, poiché chiuse ed aprì il cielo, moltiplicò la farina e l'olio, risuscitò il figlio della vedova di Sarepta, dominò sulle acque del fiume dividendole al tocco del suo mantello, rovesciò quelli che vennero a catturarlo, e vinse in certo modo la morte in se stesso, sopravvivendo agli uomini di tutte le generazioni che lo hanno seguito. Stando all’opinione che Elia nacque nel 913 avanti Gesù Cristo, egli fino ad oggi ha l'età di 2844 anni, qualche cosa che alla nostra piccola mente dà l'idea della longevità perenne.
Storicamente in riguardo ad Elia due cose più. ci colpiscono: la sua longevità ed il fatto che la Chiesa lo venera come Santo nel giorno 20 luglio. Se egli è sopravvissuto, qual’ è la sua condizione mortale? E se è ancora viatore, come mai la Chiesa lo venera come Santo ? Qual’è allora la sua missione attualmente nella Chiesa ?
In ordine alla sua condizione mortale non può dirsi nulla di sicuro; alcuni credono che egli sia nel paradiso terrestre in uno stato di felicità naturale; altri che egli si trovi in un’estasi di amore che lo associa in certo modo alla felicità dei Santi nel Cielo; il certo •è che egli vive e che venendo a rendere testimonianza al Redentore e a preparare gli uomini all'estremo giudizio (Apoc. XI, 3-8) sarà messo a morte, coglierà la corona del martirio insieme con Enoc, risusciterà e passerà trionfante dal giudizio finale alla gloria eterna. Egli comparve sul Tabor a rendere testimonianza di amore a Gesù Cristo trasfigurato (Matt. XVIII. 3; Mar. IX, 3; Lue. IX, 30-31), e forse ricevette dal Redentore stesso in quella circostanza la pienezza della grazia soprannaturale, e fu come battezzato nello splendore della gloria di Lui.
Se la Chiesa lo venera come Santo, egli è certamente confermato in grazia, giacché la Chiesa non venera che quelli che immutabilmente sono congiunti al Redentore, e sono come splendore e raggio della sua vita. Se la Chiesa lo invoca, vuol dire che egli può sentire le nostre suppliche, e può passarle al trono di Dio. Egli quindi dev’essere in una condizione tale da poter ancora intercedere per i suoi devoti; le preghiere che gli si fanno possono raggiungerlo come un'onda radio elettrica, ovvero il Signore gliele può far conoscere o con lumi diretti o per il ministero dell’Angelo suo custode. Sono questioni ardue a definirsi, e praticamente non hanno alcuna importanza per noi.
Nell'Evangelo di S. Luca (I, 17) l'Angelo, nell'annunziare a S. Zaccaria la nascita di S. Giovanni Battista, disse ch’egli sarebbe andato avanti al Redentore nello spirito e nella potenza di Elia. Gesù Cristo medesimo disse che il Battista era l'Elia che doveva venire (Matt. XI, 14), e più esplicitamente disse che l'Elia era già venuto nella persona di S. Giovanni Battista (Matt. XVII, 10-13). Gli Ebrei infatti aspettavano una doppia venuta di Elia, una nell'Incarnazione del Verbo ed un’altra alla fine del mondo, e Gesù confermò questa opinione dicendo che Elia sarebbe venuto a riordinare ogni cosa (Matt. XVII, 11). Come lo spirito di Elia si fermò su di Eliseo, così si fermò su Giovanni Battista, non nel senso di un'incarnazione, ma nel senso di una trasfusione soprannaturale dei doni ricevuti da Dio. Così Elia comparve non di persona, ma in un Santo che ne ereditò lo spirito e la missione. Alla fine del mondo verrà personalmente, come lo indicano le parole di Malachia (IV. 5-6), le parole di Gesù Cristo (Matt. XVII, 11; Marc. IX, 12) e quelle dell'Ecclesiastico (XLVIII, 10). Forse l'improvvisa comparsa di questo Profeta, determinerà la piena conversione degli Ebrei alla Chiesa Cattolica, e concorrerà a completare l’unico ovile del Redentore sotto l'unico Pastore, il Papa.
Sac. Dolindo Ruotolo

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